I TOY tornano con “Happy in the Hollow”: un album pulito, preciso, capace di catturare l’atmosfera mutevole di un pensiero. Il quarto lavoro della band è sicuro di sè, è una vetta scalata con pazienza ed integrità . Firmato Tough Love Records, l’ultimo disco dei TOY è, incredibile a dirsi, interamente autoprodotto. Psychedelic rock, krautrock, new wave, post-punk, dream-pop: nel nuovo album della band c’è tutto questo e molto di più.

Registrato in vari home studios nei dintorni di Londra, “Happy in the Hollow” è la prova definitiva del fatto che i TOY non amano cucirsi addosso un’identità  musicale riconducibile ad un genere preciso. La sperimentazione della band resta sempre cupa, certo, ma scorre placida per tutta la durata del disco. Seppur lontano da “Toy” (2012), l’album d’esordio straelogiato dalla critica, “Happy in the Hollow” è forse l’unico lavoro della band capace di tenervi testa. Tutti i pezzi del disco sono, infatti, scritti, prodotti e registrati dal gruppo al completo.

Le sonorità  talvolta claustrofobiche, la sensibilità  trascinata, le parole che fluttuano nello spazio nero: tutto nell’atmosfera musicale dei TOY ci dice che qualcosa di sinistro ci aspetta proprio dietro l’angolo. Non a caso “Sequence One”, brano d’apertura dell’ultimo album, racconta la corsa di due innamorati attraverso una zona di guerra post-apocalittica. La voce di Tom Dougall è monotona e ci accompagna impassibile lungo la traversata immaginaria, come un fantasma che osserva lo svolgersi degli eventi dall’alto.

Segue “Mistake a Stranger”, drammaticamente downtempo, il cui sottofondo musicale può essere equiparato al canto di una sirena straziata. Le chitarre acustiche sono le vere protagoniste del pezzo ed il risultato è tanto lancinante quanto eccellente. “Energy” e “Last Warmth Of The Day” hanno, invece, la carica e la raffinatezza del serpente che avvolge la preda tra le sue spire. Melodie ricchissime e sinuose che colano molli nell’oscurità .

“The Willo” è un vero e proprio gioiellino. La canzone ha una propria sensibilità  e fa vagamente eco alle atmosfere psichedeliche degli anni ’60. “Jolt Awake”, invece, ipnotizza con le sue chitarre dai toni bui ed i suoi bassi accattivanti. Il risultato che ne consegue è sicuramente il brano più dark dell’album. “Strangulation Day” brilla tra le ombre, sognante e delicata. Una perfetta ballata electro-psichedelica.

L’album si chiude con “Move Through The Dark”, un inchino folgorante che ci sussurra lentamente addio. La luminosità  della canzone, nettamente in contrasto con la vena cupa del resto dell’album è, forse, un inno alla rinascita della band. Nuova pelle, nuova indipendenza, qualità  superiore. Nessuna influenza esterna, solo un mix concentrato di panorami sonori fortemente interiorizzati. Il risultato è notevole.