di Marco Ciardelli

Amber Bain non fa attendere il suo pubblico ed è radiante quando sale sul palco in perfetto orario. Capelli biondi appena stirati, fisico asciutto, lucida labbra, completo brown e maglia nera neanche troppo skinny. Saluta il suo pubblico raccontando le 11 ore di odissea che durante la notte hanno separato lei e la sua superba band da Vienna a Milano.

Gli Aftersalsa, di supporto, hanno sorpreso positivamente il pubblico nella mezz’ora antecedente, preparando il pubblico del Magnolia, quasi colmo, ad un’esperienza straordinaria, attesa giustamente con eccitazione visto la luminosa scia che la stella sonora di The Japanese House ha lasciato in solo pochi EP ed una tour di grandissimo successo insieme ai 1975.

L’empatia che Amber è in grado di creare subito con il suo pubblico e’ da artista di eccellente professionalita’. Si muove sul piccolo palco illuminato meravigliosamente dai tecnici del Magnolia con sfumature che vanno dall’azzurro, al rosa, al viola con una grazia da altri tempi. I suoni si fanno soffici, la voce di Amber e’ adorabile, naturale ed animata dai sussurri e delle sensibilità  di una musicista che brilla di abilità  tecniche oltre quelle vocali. Il “vibe” supporta i suoi   arpeggi celestiali, i suoni emozionanti dei sinth sono sostenuti: fanno spesso ballare e creano un legame, mentre il concerto entra nel vivo. Dopo averci incantato e aperto il suo cuore nei primi pezzi The Japanese House non attendono ulteriormente per donarci una tripletta che ci lascia adoranti in ginocchio. “You seemed so happy”, brillante, cruda e vivace ci prepara ad uno dei momenti piu’ emozionanti del live, ovvero “Lilo”, in cui Amber apre lo scenario dei suoni del nuovo album (prodotto, in molte parti, da George e Matty dei 1975, suoi amici da diversi anni), con il viaggio sonoro in cui racconta la dolorosa uscita da una relazione d’amore.

Ci riprendiamo subito con il groove ed i sinth di “Follow my Girl” in cui Amber ci fa ballare ed amare il suo stile deliziandoci e esaltandoci nell’ascolto. Siamo ormai prigionieri del pianeta sonoro da lei creato, che continua ad ammaliarci con assoli degni del miglior Robert Smith insieme a cori e vocalizzi che danzano su basi ritmiche, bassi e tappeti di sinth come una maestra del suo genere puo fare: Amber, seppur giovanissima, dimostra di non meritare assolutamente il titolo di “esordiente”, è molto di più. “Saw You in a Dream” ed “Intro”, altri estratti dal nuovo lavoro, ci lasciano esterefatti dal risultato della evoluzione nel songwriting: la fanciulla ha doti e una fame di successo decisamente alta e sono sicuro che questo le permetterà  di conquistare i favori di un’enorme fetta di pubblico nell’ambiente alternativo.

Si danza ancora nei mood elettrici, nei deliziosi guitar solo e nei groove, fino a quando le luci -strobo- ed i 130 bpm di “Clean” chiudono il concerto lasciandoci con uno straordinario “good vibe” che rimarra’ nella memoria, per molto tempo, degli affascinati spettatori del Magnolia in una fredda serata di febbraio.

Photo: David Lee / CC BY-SA