Il  rap è uno stile musicale e l’hip hop è il suo dna fatto di codici, vestiario, slang, abitudini e attitudini.

Penso alla frase del rapper Krs-One “Il rap è ciò che fai, l’hip hop è ciò che sei” e mi domando se si può parlare di rap al femminile, in un immaginario dove la “scena” sembra ancora di dominio quasi esclusivo di artisti maschi. La risposta che mi do è sì, si può.

Si può fare rap, affermare la propria femminilità , colpire dritto, con classe ed eleganza rare, senza bisogno di esibire una sensualità  aggressiva e ostentata. Noname, nome d’arte di Fatimah Warner, ne è la prova.

Rapper donna ma soprattutto concentrato di poesia e gentilezza. Classe ’91, arriva da  Bronzeville sobborgo di Chicago, è nella libreria di famiglia che si  avvicina alla scrittura e alla slam poetry prima di trasferirsi a Los Angeles dove vive ora.

Per l’unica data italiana di presentazione del suo primo album “Room 25” uscito, autoprodotto,  lo scorso settembre a due anni dal mixtape “Telefone”, il pubblico è  quello delle grandi occasioni, numerosissimo, giovane e squisitamente multicolore. Tra la folla fanno capolino anche i volti noti di  Mahmood e Ghemon.

Quando alle 22.20 Fatimah sale sul palco di Santeria Social Club, il sold out che aleggiava nell’aria è una conferma.

Sorridente ed energica ci fa entrare nella sua “Room 25” con  “Self” e lascia intendere da subito la direzione del viaggio “Maybe this the album you listen in your car/ When you driving home late at night/ Really questioning every god, religion, Kanye, bitches”, il pezzo continua con una punchline che fa infiammare il pubblico “My pussy teaches ninth-grade English/ My pussy wrote a thesis on colonialism/ In conversation with a marginal system in love with Jesus”. Un pezzo solo e la ami già  alla follia.

La ami perchè sul palco non ci sono beat riprodotti da computer o drum machine ma musicisti in carne e ossa, i suoi flow vengono pennellati da basso, chitarra, batteria, tastiere e colorati da due vocalist incredibili.

“Blaxploitation” è la fusione di black e exploitation, un genere cinematografico a basso costo che ha come pubblico di riferimento gli afroamericani e la sensazione è proprio quella di essere catapultati  all’interno di una colonna sonora di un film americano anni ’70. Si continua con “Diddy Bop”, “Sunny Duet”, “Reality Check” dal precedente lavoro.

Ritmiche jazz, anima soul, r&b, c’è tutto in equilibrio perfetto e una certezza: restare fermi è impossibile.

Perle di raffinatezza speciale “Prayer Song”, “Regal”, “Window” e  “Don’t Forget About Me”. Racconti privati, riflessioni politiche, la gratificazione di realizzare un sogno e le responsabilità  che ne derivano. Il coraggio e il carattere di tracciare una personale geografia di crescita e di regalarla a tutti noi.

Un’ora scorre veloce, il saluto è sull’unica encore “Shadow Man” dapprima fatta intonare al pubblico “Aw shadow man shadow box, please keep your hands up/ And if you get knocked down don’t forget to stand up”.

“Se vieni abbattuto non dimenticarti di alzarti in piedi”.

La potenza delle parole che vincono, ancora una volta, sulle ombre e le paure. La raffinatezza di Noname. Da stasera nel mio cuore c’è una stanza che si chiama “Room 25”.