Il mondo discografico prolifica e trae vigore non solo dai grandi nomi ma anche da piacevoli scoperte come quella del duo palermitano chiamato “Ilamb”.
Un duo maschile, composto da padre e figlio , la cui complementarietà  giova a tutto tondo sull’esito delle composizioni.
Il primo, Gaetano, è il maggior compositore nonchè raffinato cesellatore nella scelta degli arrangiamenti, il secondo, Davide, sorprendente maestro di chitarra.
Il fattore che mi sorprese all’uscita del primo lavoro discografico, datato 2016, fu la perizia negli arrangiamenti nonchè la produzione di altissimo livello.

Il primo lavoro “Trip to heaven”, a detta dell’autore che me ne raccontò la genesi, raccoglie composizioni ideate nell’arco di diverso tempo, cristallizzate su cd solo nel 2016.
Nonostante questa “attesa” in realtà  i pezzi formano un voluto concept attorno all’idea della crescita e della maturazione, un po’ come è avvenuto per le stesse canzoni, che riprese ed unificate dall’autore hanno beneficiato dell’idea unitaria che vi soggiace e che sono state arricchite dai nuovi arrangiamenti oltre che dall’intervento del figlio Davide.
Se dovessi riassumervi in che ambiti sonori possiamo racchiudere questo album d’obbligo è ricordare il lato più nobile del pop nonchè il progressive inglese anni ’70, sicuramente quello più morbido e gentile di gruppi come Gentle Giant, Genesis o Camel senza alcuna pretesa di sperimentalismo o fusione jazzistica propria della scuola di Canterbury.
Alla perfetta riuscita di questo lavoro concorrono diversi fattori ovvero:
-l’ispirazione compositiva che rende il disco duraturo nel tempo;
-nonostante i riferimenti citati, non un mero disco di recupero di sonorità  già  sentite o mero esercizio manieristico ma anzi un lavoro che si fa notare proprio per la personalità  che sprigiona;
– la cura negli arrangiamenti e nella produzione;
– il non cadere mai in pacchianerie del prog più barocco o verso sonorità  prossime all’aor ottantiano;
– il suono che Davide sprigiona dalla sua chitarra, senza inutili tecnicismi ma con l’impressione che la stessa ci stia “parlando”;
Se potessi recitare una formula sintetica immaginate che questo “Trip to Heaven” potrebbe essere quell’ “Endless River” che i Pink Floyd avrebbe potuto e dovuto pubblicare post “Division Bell”.

Di recentissima uscita è invece il loro nuovo e secondo album, “L’altrà  Meta’ di Me”, che rispetto a “Trip to Heaven” presenta una serie di brani nell’idioma italiano e una vita compositiva che raccoglie idee ed ispirazione degli ultimi due/tre anni.
In questo caso pertanto è ovvia la novità  nella scelta del cantato in italiano , con predilezione per temi universali quali l’accoglienza , l’amore che sboccia e che finisce, la speranza in valori duraturi che possano superare ostacoli quali la morte e il tempo che scorre.
Si respira per tutto il lavoro una forte sensazione di malinconia e di pacifica serenità  ma mai di blanda rassegnazione, sia nei testi che nelle sonorità , più morbide rispetto al primo lavoro e con minori fughe strumentali rispetto all’esordio, fermo restando che quasi tutti i pezzi non si fermano alle canoniche tempistiche da singolo ma esplorano con dovizia e dilatandole le sensazioni che si vogliono trasmettere.
La chitarra di Davide si conferma di straordinaria emotività , un giovane e promettente Gilmour, sempre circondato da ariosi (ma mai barocchi) arrangiamenti a cura del padre, che si cimenta al canto, non un virtuoso ma scevro da toni declamatori o cadute di tono.

Ilamb si confermano quindi come una promessa mantenuta del neo prog italiano, anche se il termine “prog” a mio avviso con questo lavoro risulta un po’ stretto ma lo citiamo in chiusura in quanto loro vengono ancora definiti sotto tale etichetta.