C’è tutto un mondo musicale che vive, emoziona e bussa alla porta dei sentimenti. Anche in Italia. Un mondo che, purtroppo, spesso viene coperto da fenomeni da baraccone spacciati per grandi artisti o che viene oscurato, ingiustamente, da riflettori che fin troppo accecanti focalizzati su chi, magari, meriterebbe giusto una candela.
Ma non è sempre così. Non vogliamo fare i polemici. Noi siamo dell’idea che la buona musica, alla fine, emerge sempre e chi ha voglia e tempo può andare oltre ai nomi pubblicizzati (alcuni sono più che validi, sia chiaro, non stiamo qui a generalizzare e dire il mainstream è uno schifo) e fare un bel lavoro di ricerca. Ne sarà  soddisfatto.

La (bella) proposta della giornata arriva dai Caveleon, guidati con mano dolce e sensibile da Leo Einaudi. Dolcezza e sensibilità  sembrano davvero essere le parole principali per il progetto che si muove su un terreno ricco di fascino, in cui muoversi piano e in punta di piedi diventa sinonimo di rispetto, pazienza e attenzione ai mille particolari (così come l’attenzione ai silenzi, che non sono necessariamente da riempire sempre e comunque) da osservare strada facendo.

Folk di matrice acustica (gli Alt-J sono sicuramente fra gli ascolti dei ragazzi), che non scuote per folate di vento eccessive, ma che scava piccoli solchi dentro di noi con quelle carezze che hanno reso magica la musica degli Hem, tanto per fare un nome a noi caro. Ecco magari rispetto a quella formazione qui non ci sono certi arrangiamenti importanti (o l’uso importante del piano), ma si cerca la via più spartana, con una punta di elettronica, al massimo a dare un ritmo. Le melodie non sono affatto così leggere e impalpabili come qualcuno potrebbe pensare, ma anzi, hanno un peso specifico di tutto rispetto.

Un gran bel lavoro a cui affezionarsi.