L’uscita di “California Son”, primo album di cover di Morrissey, è stata in parte oscurata dalle polemiche innescate dal suo appoggio al partito di destra “For Britain”, che hanno, ancora una volta, deluso molti dei suoi fan.

In occasione della presentazione dell’album al “Tonight Show” condotto da Jimmy Fallon, dove si è esibito con “Morning Starship”, ha avuto il coraggio di indossare la spilletta del partito di estrema destra inglese, certificando a livello mondiale un pensiero che aveva già  espresso chiaramente in interviste precedenti.

Queste sue posizioni nazionaliste le aveva anche espresse in alcune sui canzoni come in “National Front Disco”, “… England for the english! England for the english!” con annesse accuse di razzismo che avevano da sempre spiazzato i fan che riconoscono, ormai quasi tutti, che Morrissey lascia pochi punti di riferimento e concilia posizioni a volte contraddittorie come l’amore per gli animali e il disprezzo per il genere umano, il suo girovagare per il mondo ed essere così nazionalista, la sua scrittura così sensibile e le sue interviste spesso irritanti, i suoi capricci e prese di posizioni infantili, basti ricordare come annullò un concerto in beneficenza allo sferisterio di Macerata solo per un diverbio con un poliziotto a Roma.

E’ conosciuto a tutti l’amore di Morrissey per Oscar Wilde, ma se il sarcasmo e la divertente e spietata visione del genere umano del grande scrittore irlandese si sviluppava con coraggio e sprezzo del pericolo in un contesto sociale ostile alle diversità  di pensiero, le uscite di Morrissey spesso sono provocazioni fini a se stesse e inutili, che invece di dare finiscono per togliere alla figura dell’artista che sia chiaro per tutti è immensa.

Questo album esce forse nel momento peggiore della sua carriera. Alta è l’ostilità  verso di lui e Morrissey pubblica una raccolta di cover poco dopo dall’uscita del suo ultimo lavoro, “Low in High School”, senza alcun dubbio un suo punto molto basso, nel quale solo un paio di pezzi di Boz Boorer si salvano, mentre tutto il resto è da dimenticare al più presto.

Questo disco, composto da brani amati dal buon Moz ma ai più sconosciuti, non dico che ne risolleva lo standard qualitativo ma è comunque gradevole, anche se, per il suo prossimo lavoro, dovrà  scegliere meglio e più attentamente brani e autori, per non rischiare di innescare una pericolosa parabola discendente.

L’album apre con “Morning Starship”, tra i brani migliori, che vede la partecipazione di Ed Croste dei Grizzly Bear e continua con “Don’t Interrupt The Sorrow” di Joni Mitchell e con Ariel Engle dei Broken Social Scene e “Only a Pawn In Their Game”, pezzo minore di Bob Dylan sui diritti civili degli afroamericani.
L’inizio è buono, anche i testi alimentano considerazioni destabilizzanti e ci dimostrano ancora una volta come Morrissey sia un grande interprete e come la sua voce  non risenta del passare del tempo ma, anzi, sia migliorata, come chi ha avuto occasione di ascoltarlo dal vivo sa bene.

Non tutte le canzoni scelte sono però indimenticabili. Purtroppo. Ho comunque trovato molto bella “Days of Decision”, in cui la voce di Morrissey è stupenda, “Lady Willpower” (tra le migliori in assoluto) e “Lenny’s Tune” intensa e commovente.

Questo album di cover poco conosciute, pur non convincendo del tutto, ha bei momenti, ma, sicuramente, non rilancia pienamente Morrissey, dal quale, come accennavo sopra, ci aspettiamo presto un nuovo album di inediti che dovrà  essere, arrivati a questo punto, per forza eccezionale.

Credit Foto: Jake Walters