di Stefano Bartolotta

(Foto di Antonio Paolo Zucchelli)

In un periodo nel quale sono sempre più intense le discussioni sull’eccessiva tendenza degli organizzatori di festival nel privilegiare nomi maschili in occasione delle scelte su come comporre le line up, Unaltrofestival ha da subito fatto una scelta di campo ben precisa, proponendo 5 concerti di artisti e band provenienti di 4 Paesi diversi (Italia, Francia, Australia e Inghilterra) che avessero al centro del loro progetto una voce femminile e delle idee provenienti da una donna. I concerti sono poi diventati 4 per gli improvvisi problemi di salute di Jade Bird, ma l’importanza della serata rimaneva intatta, perchè un conto è dire “è possibile una line-up di sole donne e la qualità  può essere altrettanto alta”, un conto è verificarlo sul campo. Lo diciamo subito: la verifica ha avuto il più positivo degli esiti e la qualità  musicale espressa in questa kermesse merita fin d’ora un posto di rilievo negli highlight dell’estate musicale.

Anche dal punto di vista organizzativo e logistico, è andato tutto per il meglio, con un unico problema, ovvero la necessità  di alternare i concerti tra un palco esterno e uno al chiuso. Quest’ultimo presentava evidenti problemi di temperatura e umidità  ed era quindi un’impresa eroica rimanere di fronte a chi suonava per tutta la durata dei set. Io stesso, lo ammetto candidamente, ho resistito circa 15-20 minuti per ognuno, e ho ascoltato il resto senza la parte visiva. Forse, si poteva pensare di usare come palco piccolo quell’altro esterno posto un pochino più lontano da quello più grande, ma non sono un organizzatore di festival e non mi permetto di giudicare chi sa fare il proprio lavoro meglio di me. Da spettatore, avrei preferito non dovermi buttare in una specie di forno per due dei quattro live di serata, questo lo posso dire, poi immagino che non ci fosse altra soluzione.

Si comincia puntualissimi con l’unica rappresentanza italiana, ovvero Eugenia Post Meridiem, l’ultimo talento scovato dalla sempre attentissima Factory Flaws. La giovane genovese suona la chitarra e si fa accompagnare sul palco da un’altra chitarra, un basso e una batteria, con il chitarrista che suona occasionalmente la tastiera. Un impianto prettamente rock, quindi, per una serie di brani che, dal punto di vista della scrittura, combinano bene melodie nitide a una struttura lontana dalla forma canzone tradizionale, mentre per quanto riguarda il suono spaziano tra un’impostazione più spigolosa e psichedelica a una più rotonda e calda. Non mancano mai vivacità  e tiro e anche vocalmente Eugenia mostra di avere tutte le carte in regola in termini di consistenza ed espressività . Il disco esce a ottobre e, dopo questo concerto, c’è già  tanta voglia di ascoltarlo.

Passiamo al momento di gran lunga più pop della serata e alla Francia, con i giovanissimi Videoclub, una ragazza e un ragazzo di 17 anni che propongono canzoni gradevoli e spensierate in una veste sonora che vede un’ampia prevalenza delle tastiere e una chitarra che serve giusto a dare qualche ricamo in più. I due adolescenti sono bravi ad alternare e incrociare le proprie voci e a trovare sempre i suoni giusti per far sì che le canzoni non manchino mai di immediatezza e impatto, mettendo in mostra anche la giusta attitudine di chi si sta divertendo e, di conseguenza, diverte anche chi ascolta. Il senso melodico deve ancora svilupparsi pienamente, ma le atmosfere che i due ragazzi creano e lo spettro emotivo che emerge sono già  un motivo sufficiente per godersi questo momento di freschezza.

Julia Jacklin, dall’Australia, riporta il tono sulle chitarre e sulle melodie dallo stampo più classico. Il suo set inizia con atmosfere crepuscolari e un volume controllato, ma poi, più si va avanti, più il suono si apre e acquista potenza, e lo stesso si può dire della sua voce, che si adatta sempre bene ai diversi registri sonori del repertorio. La classe della leader e dei suoi compagni di band è indubbia ed è un piacere dal primo all’ultimo secondo farsi avvolgere da melodie così ben cesellate e messe a confronto, ogni volta con successo, con sonorità  diverse ma contigue. Davvero un set ricchissimo di stile e di impatto emotivo, giustamente salutato con applausi sempre più forti man mano che passava il tempo, e nonostante il sopra citato caldo da affrontare.

La vera star della serata, comunque, è una Anna Calvi in formissima, che regala ai presenti una performance che ricorderanno a lungo. Anna si fa accompagnare da un batterista che ogni tanto gestisce un po’ di elettronica e da una tastierista che talvolta batte su ulteriori percussioni e piatti e una volta prende in mano anche una chitarra. Questo per far capire che, al di là  della parte ritmica, che tra l’altro non prevede la presenza del basso, e dei suoni di tastiera e di elettronica, la Nostra è chiamata, con una formazione del genere, a riempire il più possibile lo spazio, sia dal punto di vista visivo che, soprattutto, sonoro, semplicemente con la sua presenza, la sua voce e la sua chitarra. Anna, ovviamente, non è una sprovveduta e, se si è organizzata il live in questo modo, è perchè evidentemente è in grado di far emergere tutte le proprie importanti qualità  così. L’aspetto visivo viene pienamente soddisfatto da un carisma invidiabile, senza movenze particolari sul palco, ma semplicemente perchè il suddetto carisma è lì in quanto dono che la Calvi è fortunata ad avere e noi spettatori siamo altrettanto fortunati nel poterne essere ammaliati. Per quanto riguarda la musica, la missione è perfettamente compiuta grazie a una voce profonda ed espressiva come poche e un modo di suonare la chitarra nel quale i virtuosismi sono solo un mezzo per far letteralmente vivere agli spettatori le sensazioni forti e spesso scomode che caratterizzano le canzoni. Sotto al palco, in definitiva, siamo letteralmente investiti da un fiume in piena che ci riempie completamente la vista, l’udito e il cuore, ed il misto tra ammirazione, godimento e struggimento che proviamo è unico.

Ce ne andiamo col cuore gonfio e coi sospironi e con la consapevolezza che, sì, è possibile rendere le donne protagoniste di un festival e mandare a casa gli spettatori soddisfatti come, se non più, che se ci fossero stati in prevalenza uomini. Speriamo che la prossima estate non si debbano più fare discorsi di questo tipo e che si possa serenamente assistere a rassegne in cui la qualità  si innalza grazie a scelte fatte senza pregiudizi di genere.