Il 12 novembre, nella splendida venue della Sala Sinopoli all’interno dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, il poetico songwriter, Glen Hansard, ha portato in scena uno spettacolo profondo, intimo e ricercato.

L’artista irlandese, che non ha bisogno di presentazioni, aveva già  varcato i confini della Penisola con il suo mini tour estivo al Firenze Rocks, insieme all’amico Eddie Vedder, al Collisioni Festival e all’Anfiteatro del Vittoriale di Gardone Riviera. Premio Oscar nel 2008 con “Falling Slowly”, miglior canzone originale tratta dal film “Once”, vanta un curriculum immenso a partire dai The Frames con i quali ha condiviso ben venti anni della sua carriera poi sfociata, dopo una parentesi con i The Swell Season dal 2006 al 2009, nella prolifica esperienza solista.

Con il suo ultimo lavoro, il monumentale e innovativo “This Wild Willing” uscito ad aprile di quest’anno, il cinquantenne Hansard raggiunge la maturità  artistica da solista caratterizzata da certo un abbandono al folk-rock di matrice “classica” – anche se non completamente – per sfociare in un rock più cantautorale ed intimista con contaminazioni provenienti dal ventennale passato nei The Frames.

Due minuti dopo le ventuno, il sorridente irlandese, barba curata e bella presenza, fa il suo ingresso sul palcoscenico allestito in maniera essenziale accompagnato da una band di altissimo livello composta da ben sette musicisti, batteria, contrabbasso, tastiere, violino e fiati.

Senza indugi, intona le bellissime note dell’introspettiva “I’ll Be You, Be Me” opener dell’ultimo album al quale seguiranno “The Moon” e “When Your Mind’s Made Up” due brani tratti dal progetto The Swell Season , con l’iraconda “My little ruin” nel mezzo, con la quale sin da subito si sono potute apprezzare le abilità  chitarristiche di Glen.

Complice anche l’ottima acustica della Sala Sinopoli, il sound avvolgente proveniente dallo stage penetra tra le poltrone del rispettoso pubblico che ascolta incantato la performance dell’artista il quale conferma il suo strabiliante stato di forma e regala altre due perle, questa volta unplugged, come “Bird of Sorrow” eseguita al piano e “This gift” con la sola sei corde, entrambe dal primo album solista “Rhythm and Repose” del 2012.

Quando arriva il momento di intonare le armonie contenute nel più volte richiamato “This Wild Willing”, l’atmosfera si fa ancora più corposa e carica di emozione con un coinvolgimento quasi etereo. La solo apparente leggiadria iniziale di “The Closing Door” che si eleva nel finale con mood mediorientale, si confonde con il folk-rock di “Brother’s Keeper” che non disprezza gli incalzanti fiati di “Race to the Bottom” o la riflessiva malinconia di “Leave a Light”.

Hansard ripropone senza soluzione di continuità  molti episodi del suo repertorio e la scelta della scaletta è quando mai azzeccata così come lo è la scelta dei brani del periodo The Frames. “Fitzcarraldo”, tratta dall’album omonimo del 1995 (forse uno dei più belli della band) è ipnotica come sempre mentre le parole sussurrate “Star, star, teach me how to shine, shine/Teach me so I know what’s going on in your mind” di “Star Star”, invece, conducono al medley della spettacolare cover dei belga Deus “Hotellounge (Be the Death of Me)”.

L’alchimia con il pubblico è totale, Glen attrae e seduce e lo fa con la sua commovente eleganza anche quando allontanato il microfono e fermato momentaneamente il pizzicamento delle corde, si lancia in una versione a cappella di “Grace Beneath The Pines” senza pudore, a testimonianza che oramai può fare dei presenti ciò che vuole. Pelle d’oca.

Non si risparmia, infatti, negli incisi tra un brano e l’altro, narrando aneddoti e episodi di vita vissuta fino al rapporto indissociabile tra testa e cuore raccontato nei minuti prima di partire con “Fools Game” che ci condurrà  alla chiusura della prima parte.

Nel lunghissimo encore, l’artista di Dublino si cimenta nella deliziosa “Song of Good Hope” dedicata all’amico di Seattle (Eddie Vedder) per poi duettare con la compaesana chitarrista Nina Hynes nel suo pezzo “The World”.

Due i brani che ci porteranno inesorabilmente alla fine di questa densissima serata, una lunga “Good Life of Song” estratta dall’ultima fatica dell’irlandese e la riedizione di un caposaldo dei The Frames, “Falling Slowly”, che segna il definitivo spegnersi per questa sera delle ammalianti corde vocali di Hansard in un tripudio di applausi e doverosa standing ovation.

Grazie Glen, grazie davvero e, ti prego, torna prestissimo.

Setlist:

1.I’ll Be You, Be Me
2.The Moon (The Swell Season song)
3.My Little Ruin
4.When Your Mind’s Made Up (The Swell Season song)
5.Bird of Sorrow
6.This Gift
7.The Closing Door
8.Fitzcarraldo (The Frames song)
9.Didn’t He Ramble
10.Leave a Light
11.Race to the Bottom
12.Brother’s Keeper
13.Way Back in the Way Back When
14.Grace Beneath the Pines
15.Lowly Deserter
16.Her Mercy
17.Star Star (The Frames song)/Hotellounge (Deus Cover)
18.Fool’s Game

Encore:
19.Song of Good Hope
20.The World (Nina Hynes cover with Nina Hynes)
21.Good Life of Song
22.Falling Slowly (The Swell Season song)

Photo Credit: Stephan Vanfleteren