Ciulla (il cui nome completo è Antonio Ciulla) è un cantautore toscano classe 1991 che ha da pochissimo esordito come solista con il suo album “Canzoni dal quarto piano”, un disco a cui hanno fatto da sfondo relazioni (non solo sentimentali) al capolinea, Bologna e ricordi d’infanzia, il tutto racchiuso in alcuni intensi mesi della sua vita. Attualmente è impegnato in un tour in giro per l’Italia, durante il quale ha anche aperto il concerto di Giorgio Poi a Firenze. Noi l’abbiamo incontrato e ci siamo fatti raccontare com’è nato questo album di debutto, che è un vero e proprio tuffo nel suo mondo:

Ciao Antonio, o meglio, Ciulla! So che hai cominciato molto presto a scrivere canzoni. Hai sempre sentito la necessità  di esprimerti in musica?

Sì, in terza media ho fatto un saggetto a scuola, una cosa orribile tra l’altro. Suonavo con i miei compagni di classe in pubblico, abbiamo anche interrotto a metà , è andata via la corrente”…però diciamo quello è stato il mio primo “concerto”.
Poi verso gli 11 anni i miei genitori si sono separati e sono andato a vivere con mia madre a casa di mia nonna per un piccolo periodo. Davanti casa sua c’era una via parecchio lunga e passavo i pomeriggi a fare su e giù con la bicicletta, dal nulla mi venivano tante melodie e testi, ci sta che non fossi proprio normale. Comunque sì, insomma, è una cosa che faccio da tanto tempo.

In passato hai fatto parte della band Violacida, con cui hai anche pubblicato due album. Come mai hai deciso di separarti dal gruppo ed essere semplicemente “Ciulla”?

è andato da sè, avevamo dato tantissimo precedentemente. Poi abbiamo fatto un album con Maciste Dischi, prima del grande botto con Gazzelle, Canova, ma da quando l’abbiamo registrato alla pubblicazione è passato molto tempo. Nel mentre ci siamo un po’ stancati: due di noi erano a Bologna, gli altri a Lucca, era sempre più difficile fare le prove e io stesso non avevo più voglia, i testi che scrivevo spesso non andavano bene a tutti.

Ti sentivi limitato artisticamente?

Sì, sentivo di dover fare qualcosa “alla Violacida” e non ne avevo più voglia. Ho provato a scrivere per conto mio e in due settimane sono nati dieci pezzi, non era mai successo prima. Poi vabbè, la metà  l’ho buttata via, però è lì che è nato qualcosa. Qualche mese dopo ho scritto i brani del mio primo disco, “Canzoni dal quarto piano”.

“Dal mio quarto piano sull’infinito, nella plausibile intimità  della sera che sopraggiunge, a una finestra che dà  sull’inizio delle stelle, i miei sogni si muovono con l’accordo di un  ritmo, con una distanza rivolta verso viaggi a paesi ignoti, o ipotetici, o semplicemente impossibili.”
Hai usato l’incipit del “Libro dell’Inquietudine” di Fernando Pessoa per descrivere al meglio il tuo album. Pessoa ha definito questa sua opera come “frammenti, solo frammenti”. Allo stesso modo si può dire che “Canzoni dal quarto piano” sia come una raccolta di frammenti di te, della tua vita?

Eh, bella domanda! Penso di sì, tutte le canzoni dell’album partono da sensazioni personali, c’è la mia vita vera dentro. Ho scelto quella frase perchè stavo leggendo il libro mentre scrivevo l’album, lo rileggo ancora oggi e lo trovo sempre bellissimo. In quel periodo poi erano gli ultimi mesi in cui vivevo nel mio appartamento a Bologna, mi sono sentito davvero a casa lì, in quella singolina in pieno centro, quindi c’era anche questa cosa del quarto piano…

Infatti volevo chiederti se il titolo fosse una citazione di Pessoa o se fossi letteralmente al quarto piano.

Non ero esattamente al quarto piano, però avevo questa finestra che dava sui tetti della città  e nello stesso periodo stavo leggendo quel libro, contemporaneamente è finita la storia con la mia ragazza e si è sciolto il gruppo, stavo per iniziare il disco, ho letto questa frase e mi ha folgorato. L’ho usata in ben due canzoni, poi quando ho pensato al titolo da dare mi è venuta in mente.

Come hai già  accennato, a fare da sfondo all’album c’è la fine di tre relazioni: quella con una ragazza, quella con la band e quella con Bologna. L’album è una sorta di resoconto di quei mesi lì?

Sì, proprio di quel periodo lì, sono state scritte nell’arco di tre mesi.

Quindi racconta un periodo di passaggio, di cambiamenti nella tua vita.

Mi sono reso conto dopo di questo, le canzoni raccontano cose reali, cose che mi riguardavano in prima persona. Rispetto a quello di cui parlavo nelle canzoni dei Violacida, questa volta ho deciso di parlare di me.

E a proposito di cambiamenti: nella tua vita ti sei spostato dalla Toscana, dove sei nato, a Bologna, per poi ritornare in Toscana. Hai detto di aver scritto queste canzoni dalla tua stanza a Bologna, credi però ci sia anche un po’ di Toscana dentro? Fai alcuni riferimenti al mare nei tuoi testi”…

Da piccolo avevo una casa a Marina di Pisa, ma il mare non l’ho mai considerato molto, almeno finchè non sono andato a vivere a Bologna. Negli ultimi tempi lì ho sentito proprio la mancanza del mare. E forse proprio perchè ho deciso di prendere in mano la mia vita, di dire “ci metto la faccia”, usare il mio nome vero e riscoprire un po’ me stesso, ho cominciato a ripensare a me da piccolo a Marina di Pisa, alla mia infanzia, quindi il mare è presente per questo motivo. La cosa buffa è che poi ora sono andato a vivere proprio sul mare senza farlo apposta, quindi tutto torna, forse.

Mi sembra di capire che quest’album si possa considerare una foto di te nel periodo in cui l’hai scritto Come ti senti quando canti queste canzoni, ti riconosci ancora in quella persona?

Che belle domande, mi sembra tipo una psicoanalisi! Comunque le sento ancora abbastanza affini, me le sento addosso, parlo di sentimenti eterni per me, sono cose che mi apparterranno sempre. Questo disco è decisamente intimista, oggi è diverso, le ultime cose che ho scritto sono più uno sguardo verso l’esterno.

Quindi stai lavorando a nuovi progetti?

Sì, ho scritto un sacco di nuove canzoni ma non ho ancora definito nulla. “Canzoni dal quarto piano” è uscito pochissimo tempo fa.

Allora, in vista di un album futuro, con quale artista ti piacerebbe collaborare?

Con qualcuno che non c’entra nulla con me, magari del mondo trap o rap. Mi piacciono molto gli PSICOLOGI, ad esempio.

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