Mentre in “Snowpiercer” l’insidiosa avanzata orizzontale nel treno garantirebbe ai protagonisti una vita e un’agiatezza reali, causando di fatto un rovesciamento dell’ordine sociale, l’intrusione dei protagonisti di “Parasite” nella vita dei ricchi, garantirebbe loro una vita migliore, ma con il permanere dello status di servi, di secondi, eternamente lontani da una condizione veramente diversa. E’ questo un assunto fondamentale per comprendere l’evoluzione del pensiero di Bong Joon-Ho verso una sua versione più oscura e nichilista, priva di speranza. Una visione che permette a “Parasite” di giocare veramente sporco nel suo inscenare una guerra tra poveri, riuscendo, perlomeno nella sua prima tremenda e serrata parte, ad essere una delle black comedy più riuscite e spiazzanti del decennio.
Un po’ meno buona e citofonata è invece la seconda parte, con la scena splatter davvero troppo prevedibile e forse anche non girata benissimo, certamente non al pieno delle capacità di cotanto regista, il quale, comunque, colleziona in questo film, anche grazie ad un cast letteralmente perfetto nella sua coralità , alcune scene memorabili (il primo confronto con i vecchi poveri, l’alluvione, l’amarissimo finale con il piano destinato a fallire).
Non il capolavorissimo che state dicendo, ma dopo “Joker” ci ho fatto il callo.