Recensire una colonna sonora senza aver prima visto il film per la quale è stata appositamente composta può sembrare una bestemmia. Soprattutto se il lavoro in questione tratta di argomenti dall’altissimo contenuto spirituale. La curiosità  però era troppa, e non ce l’ho fatta ad attendere il 20 dicembre, giorno in cui su Netflix sarà  caricato “I due papi” (“The Two Popes” nel titolo originale). La pellicola diretta dal regista brasiliano Fernando Meirelles ““ noto ai più per il magnifico “City Of God” ““ è tratta da un’opera teatrale scritta da  Anthony McCarten e racconta, in maniera immagino non troppo fedele, l’evolversi del rapporto tra Papa Francesco e Papa Benedetto XVI (interpretati rispettivamente da Jonathan Pryce e Anthony Hopkins) nel periodo dell’avvicendamento sul soglio pontificio.

Un periodo che ricordo particolarmente bene, abitando io a due passi da quella Castel Gandolfo in cui il vecchio e stanco Joseph Ratzinger venne trasferito in pompa magna dopo il gran rifiuto. Furono giorni decisamente convulsi e intensi per tutti i cattolici osservanti del mondo; per me, che sono un miscredente e non ho alcun interesse nel divino, fu un periodo di grandi rotture di palle, trascorso tra il rumore di una marea di elicotteri in volo e costanti stop ai posti di blocco della polizia. Devo però ammettere che, a distanza ormai di qualche anno, tutta quella attenzione globale un po’ ci manca, in queste lande desolate dimenticate da Dio (e da Bergoglio, che non è mai venuto a farsi una vacanza nella tenuta papale di Castel Gandolfo).

Gli splendidi scorci dei Castelli Romani e del mio amatissimo lago di Albano impressi nei due minuti del trailer di “The Two Popes” mi hanno fatto venir voglia di vedere un film che altrimenti non mi sarei mai filato. Peccato solo dover attendere ancora qualche giorno per potermelo “gustare”. Nel frattempo, posso consolarmi con la musica scritta da un autore del calibro di Bryce Dessner. Il chitarrista e compositore statunitense, in odore di santità  per gli osannanti fan che idolatrano i suoi The National, realizza una colonna sonora incentrata su un minimalismo acustico e orchestrale che tende a cambiare forma in base alle personalità  dei due protagonisti.

I pezzi che si ispirano a Bergoglio, infatti, recuperano la lezione del folk e del jazz argentino di mostri sacri quali Dino Saluzzi, Astor Piazzolla e Mercedes Sosa. Delicatissimi arpeggi di chitarra classica, il compas caratteristico del tango e un tocco di malinconia che fa tanto America Latina: sono questi i fulcri intorno ai quali si sviluppano “Walls”, “Was It Something I Said”, “Bergoglio’s Awakening”, “Siete de Abril”, “Taken Away and Tortured”, “Another Bergoglio” e “Pope Francis”.

Le scene dedicate a Ratzinger sono invece contraddistinte da musiche intrise di solennità  e algida compostezza, che ben si adattano alla figura dell’intellettuale tormentato, stanco e impotente di fronte agli innumerevoli scandali ecclesiastici. Il leggero calore sudamericano svanisce, travolto da un gelido vento mitteleuropeo; i sontuosi arrangiamenti per archi di “Ratzinger Election”,   gli intricati grovigli di pianoforte e fiati di “Dialogues” e l’inquietudine di “Vote Counting” lasciano il segno per gusto e raffinatezza.

Sul fatto che Bryce Dessner fosse un compositore e un musicista di razza, non credo ci fossero molti dubbi. Per lui, oltre naturalmente al lavoro con i The National, parlano le collaborazioni con Sufjan Stevens, Johnny Greenwood, Bon Iver, Steve Reich e Philip Glass, giusto per citarne alcuni. Il suo contributo al film “The Two Popes” è una piccola, ennesima conferma di un grande talento. Ah, quasi mi dimenticavo: la soundtrack include brani dei Tinariwen (“Sastanà qqà m”), di Ray Conniff (una versione semi-strumentale di “Besame Mucho”) e dei già  citati Mercedes Sosa (“Cuando Tenga la Tierra”) e Dino Saluzzi (“Minguito”). Andate in pace.

Credit Foto: Meredithmel [CC BY-SA 3.0], via Wikimedia Commons