Non è certo strambo e pungente come la serie di Sorrentino, o deliziosamente onirico ed incerto come il film di Moretti, questa pellicola papale del brasiliano Meirelles. E’ sicuramente meno dissacrante delle due operazioni sopra menzionate, e per certi versi più terreno, mi si perdoni questo termine scellerato, ma proprio queste caratteristiche ne costituiscono le maggiori virtù e ne sanciscono la grande originalità .
Buddy Movie hanno detto alcuni critici, e non è un grande azzardo data la simpatia e il ritmo delle lunghe disquisizioni tra i due Papi, che quasi inconsapevolmente, guidati da Dio direbbero loro, si passano le consegne.
Parlano di quel cancro della chiesa chiamato pedofilia, dei gesuiti, delle dittature, di teologia, di riforme, eppure, grazie a una sceneggiatura riuscitissima, possiamo capire tutto, interessarci a questo o a quell’altro tema, oltre che affezionarci a due figure spogliate dell’aura sacrale che solitamente le riveste e finalmente umanizzate, svelandone dubbi ancestrali, rimorsi e incertezze.

Paradossalmente, ad appesantire il film sono dei flashback un po’ goffi e poco riusciti, messi lì in tutta probabilità  per staccare le lunghissime, ma mai estenuanti, scene di dialogo tra i due Papi. Hopkins e Price sono pazzeschi, due attori come non se ne vedranno troppi altri, che si avvicinano alla fine della propria carriera con misura e consapevolezza.
Molto interessanti e mai invadenti le scelte in fatto di musical del National Bryce Dessner.

Rimanete in sala o non staccate i titoli di coda se lo guardate su Netflix, che le scenette tra i crediti sono tutte da ridere.