Affrontare un live dei Massimo Volume porta sul palco, in maniera amplificata, quella stessa sorta di “fatalismo” che si può respirare a pieni polmoni negli album in studio, nel senso che chi si siede o chi rimane in piedi di fronte a loro deve lasciare a casa ogni qualsivoglia certezza, per gettarsi nelle spire rugginose di un evento musicale unico, che rapisce con una presa quasi soffocante: la vita apparentemente rimane fuori, mentre un’anticamera in penombra ci accoglie prima di tornare ad osservare l’esistere da un’altra prospettiva, con un’intensità  e densità  che ti spezzano, una volta varcata la soglia delle canzoni. Insomma questa non può essere considerata una band normale, ed ogni loro concerto non può essere un concerto normale.

La formazione attuale dal vivo, ormai rodata, è quella degli ultimi tour, con Sara Ardizzoni alla seconda chitarra, più i componenti storici Egle Sommacal all’altra chitarra, Emidio “Mimì” Clementi ““ sempre più elegante e credibilmente austero ““ al basso e al “recitato”, Vittoria Burattini sempre affidabilissima dietro le pelli.

Si inizia con un trittico “contratto” e duro di brani, il primissimo tratto dall’esordio Stanze e gli altri due tratti da “Cattive abitudini” (“Ronald, Tomas e io”, “Fausto” e “Le nostre ore contate”), Lp che ha sancito nel 2010 il ritorno sulle scene dei Nostri. Poi otto brani di fila dall’ultimo splendido “Il nuotatore”: dal procedere stremato di “Una voce a Orlando” alle flemmatiche pulsazioni dell’ombreggiato appello di “Fred”, al racconto grottescamente amaro di “Mia madre e la morte del gen. Josè Sanjurjo” con i suoi intrecci tra pseudo-ricordi infantili e stralci esotico-storici.

Il frugale realismo dipinto nelle parole di Clementi, pronto ad esplodere in inaspettate visioni epifaniche, solca con gelido splendore le texture “post” intessute dalla band, ma con toni che adesso suonano ruggenti: il quadro è composto di pezzi compostamente messi insieme, incastri perfetti eppure fragilissimi, meccanismi oliati, insieme rugginosi e abbaglianti.
Ogni tanto, tra un brano e l’altro, a stemperare la ““ per così dire ““ tensione artistica, non manca qualche micro-siparietto ironico di un Mimì in formissima.

Prima di un altro salto in “Cattive Abitudini” attraverso le spazzolate svelte di “La bellezza violata” (scelta stramba eppure funzionale) si riaffonda nell’opera primaStanze, dalla title track al dittico composto da “Vedute dallo spazio” ““ qui riarrangiata attraverso una indimenticabile veste eterea ““ e “Ororo”, con quest’ultima che dirompe a cavallo delle scie siderali della prima trasformando l’urgenza drammatica della versione in studio in un ruggito involuto e austero. Sarebbe un fantastico epilogo di un concerto ottimo, senza cadute di tono.

L’encore è costituito da altri 5 pezzi in qualche modo distanti ma che si incastrano perfettamente tra di loro: si riprende dal passo martellante di “Litio” (ancora da “Cattive Abitudini”), alla sempre fantastica e visionaria “Il primo dio”, sorta di manifesto di “Lungo i bordi”, poi si continua a scendere giù in un’apnea d’abisso incalzati da “La cena” (da “Aspettando i barbari”), mentre “Dopo che” rappresenta un’oasi di pace e rassegnazione prima del duro climax orizzontale rappresentato da “Fuoco fatuo” (altro pezzone pescato da “Lungo i bordi”).

Possiamo aggiungere ben poco: pur invecchiando inesorabilmente, i Massimo Volume, nelle loro trame fredde e spigolose, conservano più energia e fuoco che la maggior parte delle band che potete vedere oggi sui palchi italiani, mostrando un’incredibile autorevolezza e conservando una formula sonora e concettuale sovente inarrivabile, enigmatica, impenetrabile, un pugno nella coscienza, un dardo di luce buia che attraversa l’anima e la rivolta dal di dentro.

Setlist:

Ronald, Tomas e io
Fausto
Le nostre ore contate
Una voce a Orlando
Amica prudenza
Nostra Signora del caso
Fred
La ditta di acqua minerale
L’ultima notte del mondo
Il nuotatore
Mia madre & la morte del gen. Josè Sanjurjo
La bellezza violata
Stanze
In nome di Dio
Alessandro
Vedute dallo spazio
Ororo

Encore:

Litio
Il primo dio
La cena
Dopo che
Fuoco fatuo