Butthole Surfers. Nick Cave. Sonic Youth. Sono tra le prime band, che leggendo “Nuotando nell’aria”, Cristiano Godano cita come propri riferimenti sonori: gothic rock, post-punk, noise, hardcore-punk, no wave, una robusta dose di torbida oscurità  e asfissiante inquietudine. è chiaro, quindi, come basti leggere semplicemente questi nomi, per rendersi conto di quanto i Marlene Kuntz siano stati distanti e lo siano, fondamentalmente, ancora oggi, dai classici canoni della musica popolare italiana. E se, da un lato, ciò è stato un bene, perchè “Catartica” fu un album fondamentale per l’embrionale e fragile scena rock italiana; dall’altro ha fatto sì che i Marlene fossero percepiti sempre come qualcosa di anomalo, estraneo ed avulso rispetto a ciò che piaceva e piace ascoltare alla maggioranza degli italiani. Da ciò proviene quel sentirsi sempre in bilico, costretti, appunto, come scrive Cristiano, a giocarsela sempre fino in fondo ed a lottare per poter continuare a vivere di quella musica rock che è stata sempre la loro passione.

Ciò di cui parla Cristiano non è poi così distante da ciò che emoziona il pubblico che ieri sera assisteva alla presentazione del suo libro nella sala concerti del Tilt!. Un ragazzo appassionato che, ancora oggi, si entusiasma quando ricorda il suo primo concerto dei Sonic Youth con tre giovani Kim, Thurston e Lee cantare a bordo-palco e poi, alla fine dello show, scendere tra il pubblico per vendere i propri dischi. O ancora quando parla della fissa di dover raggiungere a tutti i costi il camerino di Nick Cave o del grande amore per le canzoni di Neil Young, altro importante faro nella sua crescita artistica e professionale.

Ma non è solo un semplice dibattito, perchè la presentazione si trasforma in uno show intimo nel quale Cristiano dona al pubblico alcune canzoni dei Marlene Kunz in chiave acustica. Le parole sono ancora protagoniste, ma in un modo completamente diverso; la prosa ha il compito ed il dovere di riempire tutti gli spazi a sua disposizione, i versi delle canzoni ““ molto più vicini a quelli delle poesie ““ scandagliano la nostra intimità  e ne fanno vibrare alcune corde, suscitando ricordi, emozioni, passioni che, nonostante il passare del tempo, nonostante ““ a volte ““ la nostra stessa memoria diventi più debole, sono ancora vive e presenti nel nostro subconscio. Il potere evocativo di quei versi è, appunto, permettere alla nostra parte più silenziosa di prendere il sopravvento e librarsi in volo, oltrepassando tutto quello che, visto dall’alto, ci appare del tutto superficiale, inutile, eccessivamente vacuo ed omologante. La nostra forza, la nostra capacità  di lottare ed esistere sta, infatti, nella nostra capacità  di essere noi stessi, di accettare e vedere le diversità  come un valore aggiunto ed una ricchezza da coltivare, non come un difetto da condannare e distruggere, perchè la società  ci vuole tutti ugualmente “trasparenti”, rifiutando e colpevolizzando qualsiasi “opacità “. Meglio essere opachi, dunque.

Meglio del perdersi in fondo all’immobile
Meglio del sentirsi forti nel labile
Forse, davvero, ci piace, si ci piace di più

Credit Foto: Felice Caputo