Kevin Barnes torna, dopo solo due anni dal precedente lavoro in studio, con un nuovo album a nome of Montreal. Giusto specificarlo perchè l’artista americano è da sempre assai prolifico e impegnato su più fronti, molti dei quali gravitanti attorno agli Elephant 6, collettivo di Athens.

Da subito Barnes si inserì nella scena della sua città  divenendone presto anzi un punto cardine e animatore di tante esperienze, tra cui quella che ebbe maggior eco è proprio rappresentata dagli of Montreal (che si riferisce nel nome a una ragazza proveniente dalla florida città  canadese).

Album dopo album però ne è divenuto sempre più l’essenza, tanto da fare di quella sigla una One Man Band. Mai come in questo disco però, se è vero che in quell’ inno al divertimento che risponde al nome di “Ur Fun”, l’autore fa davvero tutto da solo, con risultati positivi da una parte e negativi dall’altra.

Di buono c’è che l’autore in queste 10 nuove canzoni si è lasciato andare come non mai, trasmettendo tutta la voglia di liberarsi dalle brutture del suo tempo, in una sorta di celebrazione dei sentimenti di amicizia, comunione e amore (evocata a più riprese la sua compagna di vita,   quella Christina Schneider, cantautrice indie-pop nota come Locate S,1, che partecipa pure nella zuccherosa e plasticosa ballata “Gypsy That Remains”).

Tutto questo lo declina in brani smaccatamente pop, ballabili e caratterizzati da vagonate di synth, che rendono l’album ora irresistibile, ora al limite del fastidioso.

La cosa negativa è infatti il livello stesso delle composizioni, che si rincorrono veloci e sembrano fare a gara a chi la spara più alta, tra ritornelli talvolta efficaci anche se oscurati da suoni davvero ingombranti, come nella rockeggiante “Don’t Let Me Die In America”, nella confusionaria “Get God’s Attention By Being An Atheist” o nella chiassosa e spaziale “Polyaneurism”.

Meglio quando le atmosfere si fanno più lievi e accoglienti, come in “Carmillas Of Love” o nella dolce “You’ve Had Me Everywhere”, le uniche a mio avviso all’altezza di acclamati lavori precedenti, dove a prevalere era quel brillante e accattivante pop psichedelico che non temeva paragoni con i maestri del genere.

Non basta questo però a risollevare le sorti di “Ur Fun”, che in principio avrebbe voluto coinvolgerci in questo clima, come non non basta la felice dichiarazione di intenti dell’iniziale “Peace To All Freaks”, coinvolgente e appassionata e, quella sì, baciata da un riuscito mix di parole, suoni e melodie.

Lo sforzo diventa inutile, perchè se poi il resto delle tracce prosegue su quella falsa riga, senza eguagliarne le bellezza, allora tutto diventa anonimo e prevedibile.

Credit Foto: Christina Schneider