Sono ben cinque le date italiane di Robyn Hitchcock, rocker di lungo corso che ha attraversato gli ultimi trent’anni tra folk e attimi psichedelici, prima con i Soft Boys poi con The Egyptians e i Venus 3 oltre a una florida carriera solista affrontata armato di chitarra e delle sgargianti, famosissime camicie che ama sfoggiare sul palco. Sabato otto febbraio, con mezzo paese appeso alla classifica final – sanremese, Mr. Hitchcock arriva a Roma nell’intima cornice della Chiesa Valdese.

Apertura affidata a Emma Tricca, raffinatissima cantautrice che vive all’estero da anni. Cervello in trasferta non certo in fuga che con la sua chitarra acustica e una voce di filigrana, carezzevole ma capace di graffiare, regala trenta minuti magici. Scherza col pubblico e coinvolge con brani come “Julian’s Wings” e “Distant Screen”. Ricorda il Folkstudio di via Frangipane dove ha iniziato a suonare e ammette che a volte il cielo cobalto della Capitale a ottobre ““ novembre le manca un bel po’ nei suoi tanti viaggi.

Robyn Hitchcock sale sul palco poco prima delle ventidue con una camicia nera a pois bianchi, posa rumorosamente la chitarra e si dirige inaspettatamente al piano cominciando un piccolo medley in cui spiccano “Astronomy Domine” dei Pink Floyd e una “Somewhere Apart” ripescata dal periodo The Egyptians. E’ in gran forma Mr. Hitchcock e rispolvera vecchi successi come “Ted, Woody and Junior” del 1986 prima di imbracciare la fida sei corde. Istrionico come sempre dopo aver intonato “The Abyss” dice in un italiano simpaticamente zoppicante “sono mezzo inglese mezzo americano ma senza latte o zucchero” scatenando risate a non finire.

Le emozioni non mancano e arrivano puntuali con il susseguirsi di “Queen Of Eyes”, un’apprezzata “Madonna Of The Wasps”, “The Lizard” molto rock nello spirito, “Saturday Groovers”, “N.Y. Doll” dei Venus 3, “Beautiful Girl”, “Sunday Never Comes” e molto altro. Una lunga notte quella passata con Robyn Hitchcock che nel finale chiama sul palco Emma Swift per farsi accompagnare alla voce in diversi brani tra grandi classici (“Virginia Woolf” e “Glass Hotel”) e una dolcissima cover di “Just Like A Woman” che non fa rimpiangere l’originale di Bob Dylan.

Non è ancora finita, Hitchcock si siede al piano per suonare “The Man Who Invented Himself” poi ancora chitarra con una bella sorpresa: “I Saw Nick Drake” suonata con slancio e passione. Chiusura inedita con una cover proprio di Drake, le note di “River Man” accompagnano gli ultimi secondi del concerto sostituendo la ben più classica “I Wanna Destroy You” dei Soft Boys. Oltre agli applausi resta la sensazione di un Robyn instancabile, che non ha bisogno di Batman. Gli bastano camicia e chitarra.