Si fa tanto un citare di shoegaze e di dream-pop per questa perla chi si chiama “Komorebi” ed è l’esordio, dopo un pregevole EP, di Flamingo (progetto di Lavinia Siardi). Non c’è solo la sua mano in questo lavoro, ma tanti piccoli e grandi interventi (guidati dalla mano di Giacomo Carlone) musicali che però non hanno intaccato il mondo sonoro descritto da Lavinia, anzi, le hanno permesso di caratterizzarlo al meglio.
Dicevamo quelle due coordinate musicali che subito potrebbero indirizzare l’ascoltatore a immaginarsi mondi sonori, ma in realtà  sappiamo bene che le etichette lasciano il tempo che trovano.

“Komorebi” è indie-rock per chi crede ancora nella forza delle chitarre, quelle che urlano, che lascinao dannati segni sulla pelle. Quelli che ci riportano agli anni ’90, verrebbe da dire. Per raccontare una storia bisogna essere incisivi se si vuole essere asscoltati e seguiti. Lavinia lo è nelle parole, che raccontano le sue esperienze passate (in particolare la permanenza a Tokyo) e non manca di esserlo con i suoni. I momenti di accecante intensità  distorta sembrano cozzare con quelli più intimi, accoglienti, carezzevoli, ma in realtà  si rafforzano l’uno con l’altro: la loro alternanza mette in luce ancora meglio il momento precedente. Il progetto Flamingo così acquista una voce solida, vera e sopratutto autorevole. Perchè Lavinia potrà  anche essere giovane, ma nessuno può mettere in dubbio quanto sappia farsi ascoltare. Le armi sono quelle che chi segue un certo tipo di sound conosce bene, ma, abbiate fede, sono affilate e taglienti. Il cutting necessario, per Lavinia e noi ne restiamo abbagliati, consapevoli dell’importanza di quello a cui stiamo assistendo.

Gran bel disco.