Ogni musica ha la sua storia, una storia che è legata ad un luogo ed un tempo ben definiti, ad un’unica persona o ad un popolo intero, ma nel momento in cui noi la ascoltiamo, nel preciso istante nel quale iniziamo a percorrere, passo dopo passo, ciò che intende narrarci, essa appartiene a tutti noi, indipendentemente dalla sua collocazione geografica o temporale.

Abbiamo scelto per voi alcune pellicole le cui storie sono caratterizzate da una forte connessione con la musica e che ci permettono, inoltre, di spostarci da un punto all’altro del pianeta, senza temere frontiere e confini, perchè la musica, innanzitutto, è libertà .

Israele e Palestina, il Brasile e la Sicilia, Napoli, Parigi, Berlino, l’Egitto e l’America; in questi luoghi così diversi e così distanti sono ambientate le nostre storie, ma, immergendoci in esse, ci renderemo conto di come questi posti non sono poi così differenti da casa nostra e dalla nostra quotidianità ; man, mano che procederemo nel racconto essi diventeranno sempre più vicini e familiari, così come ci sono vicine e familiari le canzoni che ascoltiamo durante le nostre giornate. Le ascoltiamo per ritrovare la serenità  smarrita, per riacquistare le energie sprecate, per consolarci o semplicemente per riflettere; canzoni che resteranno per sempre dentro di noi,come quelle con cui abbiamo scelto di accompagnare la nostra selezione da Bob Dylan a Johnny Cash, dai rapper Notorious B.I.G. e Tupac Shakur al combattivo Roger Waters che interpreta canzoni sue e degli intramontabili Pink Floyd e chiudere, infine, con il documento musicale unico dedicato ad un artista immenso: Leonard Cohen.

CRESCENDO #MAKEMUSICNOTWAR

(di Dror Zahavi, 2020)

Tra i conflitti che più di tutti hanno insanguinato il dopoguerra vi è quello tra Israele e la Palestina, per cui, sin dall’inizio, appare assurda ed impossibile l’idea di creare un’orchestra mista israelo-palestinese. Come superare le reciproche diffidenze? Come vincere la rabbia, l’odio e la discordia? Come far collaborare, nel reciproco rispetto, due parti che non fanno altro che sfidarsi apertamente e disprezzarsi a vicenda?

MICROPHONE

(di Ahmad Abdalla, 2011)

Ci sono mondi paralleli che vivono di notte, nelle periferie, in luoghi appartati; mondi che sfuggono alla normalità  ed alla sua mano autoritaria e che rappresentano il cuore pulsante di ogni città , soprattutto laddove regimi e sgherri del potere vogliono, in tutti i modi leciti ed illeciti, zittire e piegare le persone al proprio volere. Questi mondi alternativi che suonano hip-hop e sfidano la ferrea morale mussulmana si manifesteranno a poco, a poco, dinanzi agli occhi di Khaled, ritornato nella natia Alessandria, dopo aver vissuto alcuni anni negli Stati Uniti.

RADICI

(di Carlo Luglio, 2011)

L’esistenza di realtà  sovrapposte, di un “sopra” ed un “sotto”, continua anche in questo film italiano nel quale Enzo Gragnaniello ed i Sud Express si muovono in una Napoli che non è quella dei soliti luoghi comuni e dei classici preconcetti, ma una città  più profonda ed esoterica; una città  che ha un’anima antica ed oscura e che mostra come, nel suo ventre, sia sempre stato molto sottile il velo che separa il mondo dei vivi da quello dei morti, in cui la verità  si ritrova spesso in bilico ed a dubitare di sè stessa.

BROOKLYN

(di Pascal Tessaud, 2014)

Come riuscire ad oltrepassare gli stereotipi che accompagnano alcuni luoghi e le persone che ci vivono? Un modo potrebbe essere quello di raccontare le loro storie. Come la storia di Brooklyn, ambientata nelle balenieu parigine, periferie urbane che conoscono esclusivamente una connotazione negativa, ma che, invece, possono anche essere i punti focali di accumulazione di quelle tensioni ed energie positive che si trasformano in arte. Proprio come avviena alla giovane protagonista di questo film, Coralie, il cui obiettivo è diventare una cantante rap di successo.

ROLLING THUNDER REVUE

(di Martin Scorsese, 2019)

Nel mondo reale, quello dove non è tutto o bianco o nero, la menzogna e la verità , spesso, si sovrappongono, si alimentano e traggono forza l’una dall’altra. Un grande artista, come è Bob Dylan, se ne rende conto e cerca di metterle entrambe al servizio della propria musica, un po’ per sfuggire ad una routine che potrebbe essere autodistruttiva, un po’ per estirpare dalla nostra mentalità  quei luoghi comuni, quei giudizi facili e scontati, quegli assiomi inconfutabili che rischierebbero di privare le nostre esistenze di tutto il loro variopinto e sorprendente fascino.

PIERROT LUNAIRE

(di Bruce LaBruce, 2014)

Quella che era solo una composizione musicale e che era stata successivamente adattata al teatro, continua a vivere, ad evolversi e trasformarsi, raggiungendo lo stadio di un film dark. Il bianco e nero della pellicola si attraggono e si respingono continuamente, mentre questa travagliata storia di passione ed abbandono, di perdita e ricerca, di trasgressione ed amore, fa il suo fatale corso in una Berlino claustrofobica e morbosa che ci riempie di ansia, domande ed inquietudine.

WALK THE LINE – QUANDO L’AMORE BRUCIA L’ANIMA

(di James Mangold, 2005)

Siamo noi a costruirci il nostro destino, a scegliere su quali treni salire, quali perdere e quali quelli da cui desideriamo solamente gettarci il più in fretta possibile, non importa se sono ancora in movimento e potremmo farci male. Johnny Cash ha fatto sempre così: ha toccato il cielo; è diventato l’uomo in nero; ha cantato per i più deboli ed i più disperati, senza guardare di che colore fosse la loro anima; ha rischiato di soccombere e sprofondare in un mare di caos, eccessi, passione e veleno, per poi essere salvato dai suoi sentimenti, dalla sua follia, dalla sua umanità , dal suo immenso ed unico amore.

TRANSEUROPE HOTEL

(di Luigi Cinque, 2012)

All’intensità  accecante del bianco e del nero si contrappongono i colori vivaci e sfavillanti in questo film. Sono, inizialmete, quelli della Sicilia; è in un hotel dell’isola, infatti, che ha inizio questa storia. Una storia itinerante e magica che dal profondo Sud dell’Italia giungerà  ad un altro Sud, in Brasile, alla ricerca di un amico che è scomparso misteriosamente e che potrebbe essere in pericolo. Ricerca che, ben presto, evolve nel bisogno di trovare le origini perdute della nostra umanità .

BIGGIE & TUPAC

(di Nick Broomfield, 2002)

L’insensata violenza tra le gang metropolitane di Los Angeles e New York, uno show business che tratta i giovani artisti come agnelli sacrificali su cui lucrare, la corruzione dilagante nelle forze dell’ordine, il razzismo e la brutalità  con cui sono trattati gli afroamericani e tutte le altre minoranze etniche, tutto ciò costituisce il backround di una storia che doveva essere fatta solo di rivalità  musicale e che, invece, si trasforma, ben presto, un una assurda vicenda di sangue, rabbia, soldi e morte, che stravolge la vita pubblica e privata di questi due grandi rapper, Notorious B.I.G. e Tupac Shakur.

JERSEY BOYS

(di Clint Eastwood, 2014)

Quello che era originariamente uno show di Broadway viene trasformato in un film, una storia strana, quasi inverosimile: Frankie e l’inseparabile Tommy, due individui con poche speranze ed un presente grigio, mezze tacche al servizio di un boss mafioso, riescono, in breve tempo, ad affermarsi nel mondo luccicante dello show business a stelle e strisce, realizzando il loro sogno. Non più comparse, ma protagonisti di una storia pop ambientata negli anni Sessanta.

US + THEM

(di Sean Evans e Roger Waters, 2019)

“Resist” è questo il concetto: resistere e rifiutare ogni forma di schiavitù per costuire un mondo in cui una madre ed una figlia non siano più costrette a scegliere il mare perchè la loro terra è, ormai, un luogo di distruzione, violenza e morte. Resistere per creare un mondo più pacifista, egualitario e solidale, nel quale non vi siano più conflitti e barriere artificiali tra le persone, affinchè ogni muro – come il celebre muro pinkfloydiano di “The Wall” – venga abbattutto ed i sentimenti possano essere liberati dalle loro tristi uniformi e lanciarsi in una danza festosa ed euforica.

SONGS FROM THE ROAD

(di Edward Sanders, 2014)

Leonard Cohen declama i suoi versi poetici in musica. Canzoni nate in strada, impreziosite da arrangiamenti stupendi, nonchè dall’uso che Leonard fa del bouzouki, strumento greco progenitore della chitarra a 12 corde. Momenti di eterna magia quelli nei quali quest’uomo, ormai ultrasettantenne, intona la sua “Hallelujah”.