Quando la tua band ha la fortuna di potersi vantare di un nome fantastico è più che giusto avere non uno, ma ben due dischi omonimi in catalogo. In realtà il primo, datato 2007, era semplicemente un EP autoprodotto di quattro tracce. Il nuovo lavoro dei Ringo Deathstarr è invece un full length con tutti i crismi: quarantacinque minuti di shoegaze bello carico di riverberi, distorsioni, incroci di voci maschili/femminili e melodie sognanti.
Tredici brani in cui il trio texano prova a dare un volto moderno a un genere che, per forza di cose, resta ancorato a un glorioso passato. Prestigiosi trascorsi storici che che qui non vengono minimamente nascosti. Tra tempeste elettriche e suoni eterei affiorano reminiscenze di Chapterhouse, Ride e My Bloody Valentine, con quel vecchio geniaccio di Kevin Shields a svolgere il ruolo di mentore per quanto riguarda l’impiego decisamente creativo dell’effettistica.
Da buoni statunitensi, però, i Ringo Deathstarr dimostrano di conoscere a menadito anche l’ingiustamente troppo spesso snobbata scuola shoegaze a stelle e strisce. Tra i numi tutelari di Elliott Frazier, Alex Gehring e Daniel Coborn vi sono i conterranei Drop Nineteens, Medicine e persino gli Smashing Pumpkins del periodo tra “Adore” e “Machina/The Machines Of God”. Il leggendario gruppo di Billy Corgan viene richiamato in maniera esplicita in “Be Love”; una semi-ballad dai toni dream pop che, con il suo loop di batteria ripetuto all’infinto, ci riporta indietro a tendenze diffuse quasi trent’anni fa.
I Ringo Deathstarr hanno un cuore tenero ma, nella maggior parte dei casi, gli piace schiacciarlo sotto le suole di quelle scarpe che tanto amano fissare. I languori melodici dei tre ragazzi di Austin si sciolgono come neve al sole quando a prevalere è la pura potenza dei watt. Come dei novelli Swervedriver, i nostri puntano al versante più immediato e rock dello shoegaze: in “God Help The Ones You Love”, tanto per fare un esempio, la sezione ritmica sembra quasi voler fare il verso a certi schemi tradizionali dell’hardcore punk.
E c’è da dire che è proprio quando decidono di alzare i volumi che i Ringo Deathstarr dimostrano di saperci fare, nonostante la pressochè totale assenza di elementi originali o innovativi. Poco importa: se siete appassionati del genere, apprezzerete le ottime “Once Upon A Freak”, “Just Like You”, “Lazy Lane”, la straniante “In Your Arms” e la deliziosa “Cotton Candy Clouds”, una filastrocca abrasiva splendidamente interpretata dalla bassista/cantante Alex Gehring.