Procede a gonfie vele la carriera di S. Craig Zahler, che dopo essersi dedicato ai romanzi è dal 2015 che si dedica a tempo pieno al cinema.
“Dragged Across Concrete” è il suo terzo film e per certi versi lo potremmo definire il suo “Jackie Brown”. Sicuramente perchè si tratta del suo lavoro per il grande schermo più cinico, disilluso e scuro, ma anche perchè proprio come il terzo film di Tarantino si prende i suoi tempi e rifiuta i ritmi concitati, e in parte la coolness, delle pellicole che lo avevano preceduto.
I poliziotti al limite (così definiti dal titolista italiano) si raccontano in lunghe chiacchierate appostati in macchina piuttosto che far parlare le loro azioni. Al contrario di quanto abbiamo visto nello straripante “Brawl In Cell Block 99”, la violenza è relegata a poche fulminee scene, non manca però, sebbene in pochissimi secondi, di lasciare il segno. A maggior ragione perchè diluita in circa due ore e mezzo agisce dopo lunghi accumuli di tensione.
Dopo un western (“Bone Tomahawk”) e un bizarro ma irresistibile arcade carcerario (“Brawl In Cell Block 99”), Zahler ci propone un lento e inesorabile noir che insieme ai suoi rabbiosi protagonisti vede naufragare una volta e per tutte la possibilità di una società americana socialmente equa e giusta. Trait d’union tra le tre differentissime pellicole sono l’appartenenza marcata al cinema di genere, certo ciascuna afferisce ad un genere diverso, e la scrittura di personaggi iconici affidati ad attori ormai affezionati del regista (Vince Vaughn, Don Johnson, Udo Kier), ai quali si è aggiunto a questo giro un azzeccatissimo, baffuto Mel Gibson.