Diciotto album non sono pochi ma i Black Watch di John Andrew Frederick hanno raggiunto questo traguardo con il loro”Brilliant Failures”. Numerose line-up e cambi di case discografiche hanno visto Frederick sempre al centro di questo progetto nato in California alla fine degli anni ’80. La passione per la letteratura inglese (laureato in lingua inglese presso la California University di Santa Barbara) ha sicuramente condizionato l’artista di Los Angeles anche nelle influenze musicali. Non sono pochi gli accostamenti con band di quegli anni, dai My Bloody Valentine agli Smiths.

“Brilliant Failures” raccoglie tredici brani non omogenei con brani acustici come le timide trame folk-pop di “julie 2” e “hodophobia”, contrapposti a  momenti decisamente più elettrici, come le perfette chitarre indie-rock di “crying all the time!” o alle note nostalgiche di “anywhere everywhere” e la dolce ballata  “the personal statement” cantate con cadenze Morrissiane (quello di Manchester). Sonorità  più a stelle e strisce si ascoltano nel twist con basso iniziale alla Peter Hook di “Disorder” (ecco, si torna comunque nella  Manchester dei Joy Division) si ascoltano in “twisted thinking”. “red dwarf star” è uno dei brani che eccellono grazie alla parte strumentale arricchita dai timidi tocchi di tastiere e synth.

“Brilliant Failures” sono i fallimenti che diventano sicuri punti di appoggio per nuove esperienze e possibilità  di riscatto. Non sempre i fallimenti significano sconfitte. Anzi, per dirla con le parole del grande scrittore irlandese: “La maggior parte della gente di oggi muore in una specie di senso comune strisciante e scopre, quando è ormai troppo tardi, che le sole cose che non si rimpiangono mai sono gli errori”.

Forse inspiegabilmente rimasti alla periferia del successo, con “Brilliant Failures” i Black Watch ci consegnano l’album migliore della loro più recente produzione.