Hawaii, patria di surfisti e musicisti. Il cantante losangelino Bryce Boudreau vive lì da tempo e tra le isole sono nati i tredici brani di “Ghost Moon Ritual”, terzo album del progetto Lunar Twin. Boudreau e il multistrumentista Chris Murphy registrano sotto questo nome dal 2013 e negli anni hanno perfezionato il tono del loro dream pop a forti tinte noir.
Sono spiagge pericolose quelle evocate in questi quarantasei minuti. Elettronica e sofferenza convivono più che bene legate dalla voce baritonale di Boudreau che fa gli onori di casa nell’onirica “Drunken Sky” e nel poetico, frizzante singolo “Leaves” dove aleggia benevolo il fantasma di quel Mark Lanegan tanto spesso evocato per descrivere lo stile del duo.
La chitarra acustica e i sintetizzatori di “Bautista” cullano solo all’apparenza, nascondendo in realtà un lato graffiante e spettrale che crea un buon contrasto con “Neon Rooms” e il suo sfavillante arrangiamento quasi synth pop che a tratti ricorda i Soulsavers.
Sogno e incubo camminano fianco a fianco, la speranza è un momento fuggente prima della pioggia e di uno dei tanti viaggi che appassionano Boudreau & Murphy. Ci portano al “Cinema” i Lunar Twin e passano da un film all’altro. Trasgressivi in “Voyager”, melodici e dark in “Hawks”, vellutati in “Electric Lights” e “Slow Down”, eclettici e ritmati nel terzetto di brani finali con menzione speciale per l’elegante conclusione affidata a “SLC in Blue”.
Il rischio di album come questo è sempre quello di essere alla lunga ripetitivi. Chris Murphy e Bryce Boudreau evitano la noia mantenendo alta l’intensità emotiva, annullando le distanze tra le Hawaii (dove sono stati scritti i testi) e Salt Lake City (dove è nata la musica). Disco da cuffie, ascolto a notte fonda per pensieri ancor più profondi.
Credit foto: Waruni Herath