Fresco d’esordio ma con le idee chiare – se non cristalline, e di quei cristalli che si infilano sotto pelle e fanno la tana dove non c’è luna, nelle trame più buie e segrete dell’inconscio di tutti – il duo Boetti, fuori oggi con “Psicomadre”, il loro primo singolo per un rilancio musicale progettato attraverso anni di studio, gavetta e palchi sudati.

Insomma, proprio degli sbarbatelli, Damiano e Meti, non sono: sulle spalle portano un bagaglio culturale non indifferente, che va dal cantautorato più classico alle declinazioni più spinte del rock internazionale, tutto incasellato – ma senza alcun tipo di costrizione e vincolo, nella libertà  ordinata dell’urgenza comunicativa che si fa ispirazione, ed espressione – in un nome putativo (Boetti, appunto) che richiama al mondo dell’arte figurativa, di cui i due sono grandi appassionati.

Dalle pieghe di “Psicomadre”, si alza l’odore di incenso di chiese sconsacrate da poco, profanate dalla rabbia cieca di una generazione in affannosa ricerca di certezze, con costante slancio deicida; il brano, impreziosito dalla produzione di Andrea Pachetti (Zen Circus, Dente, Bobo Rondelli, Maestro Pellegrini e tanti altri nomi della scena alternativa, per davvero), riflette la somma di influenze del duo nel caleidoscopio di una preghiera lisergica, in cui ogni verità  diviene dubbio e il dubbio si erige a guida spirituale, verso un senso nuovo che possa liberarci dal vincolo di sicurezze spicciole, di gabbie concettuali e fedi blasfeme.

E forse, di fronte al continuo rovesciamento di significato – che si fa magma informe, nel gioco di specchi di “Psicomadre” – avrebbe sorriso anche Alighiero Boetti, che della moltiplicazione dei punti di vista era maestro.

Buono, buonissimo inizio.