Lolita, Lolita, Lolita.

Una e trina la cantautrice cosentina, che in “Dolores” inganna tutti con un primo impatto al brano che sa di ritmi latino-americani (la patina rimane tale in realtà  su tutta l’architettura del pezzo) per poi approdare sulle sponde di un ritornello che sa quasi di neomelodico (ben fatto, certo, e lontano dalle derive trash che conosciamo, ma comunque con quel retrogusto mediterraneo che ben si sposa con la calura del solleone) prima di far mozzare in gola gli accenni di rigurgito di chi – come me – a certe comfort zone estive proprio non riesce ad abituarsi.

Sì, perchè la trinità  personale di Lolita si chiude con il colpo di reni di un drop che sa di miracolo discografico: il passo si fa più incalzante sin dalla chiusura del primo ritornello, per lanciare membra e meningi verso la detonazione dell’atmosfera musicale reggaetoniana fin qui creata a colpi di elettronica; spariscono le vie partenopee e il tequila e margarita sulle spiagge di Santo Domingo nella proiezione astrale di corpi sudati accalcati – almeno, a livello puramente sensoriale ed intellettuale: non fatelo a casa! –  sotto cassa ad un rave sperso in mezzo alla Foresta Amazzonica, mentre Lolita guida le danze con la disinvoltura di una musa di carne, megafono di sudori e turbe adolescenziali mai sanate.

La tarantella si colora di urban e cherosene nell’incendio di “Dolores”, la prima hit dell’estate che – seppur archittata con strutture da hit – frena il mio pollice dallo skip violento e rilassa le mascelle, fin troppo contratte in sorrisi forzati di accettazione verso tutto ciò che il mercato bulimico propina, a noi onnivori de-sensorializzati.

 

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DOLORES è fuori a mezzanotte. E farà  caldissimo 💔

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