Primo vero album dei Crack Cloud, band canadese composta da sette elementi più o meno fissi, ma che in realtà  si presenta come un collettivo aperto e in continua evoluzione, nel quale la musica e l’arte in generale diventa mezzo di recupero e di allontanamento dalle dipendenze.

La band ha all’attivo un precedente omonimo album, che raccoglieva alcuni EP, che aveva dato buone impressioni, ma con questo nuovo lavoro il passo in avanti è notevole. Il gruppo ci propone un sound maturo, pieno e coinvolgente, e un’ immagine iconografica precisa, che sembra uscire da un videogame post apocalittico stile “Fallout”, che appare davvero divertente e in linea con loro.

Alcuni hanno trovato qualche riferimento ai Talking Heads, e in qualche brano in effetti vengono in mente, ma questi ragazzi hanno un approccio diverso, il loro sound ha una dimensione a tratti oscura e lontana dalla ricerca musicale di David Byrne e soci, che esprimevano una new wave nella quale la fusione del pop, del rock, del funk veniva cercata tramite una sperimentazione sempre ben riuscita e capace di creare un sound spesso solare e limpido.

Con i Crack Cloud ci sporchiamo le mani e in cambio non otteniamo certezze sul loro futuro e sulla loro musica, esprimono un’ idea di libertà  e un’anarchia tipicamente punk, capace però di trasformarsi in un album assolutamente vero, musicalmente molto interessante e valido.

Un collettivo che dichiara di volersi esprimere in diverti campi artistici, si auto produce i video musicali e si mostra in tutta la sua stravaganza, capace di una capacità  creativa sfrenata e senza vincoli.

Il brano di apertura  “Post Truth (Birth Of A Nation)” è un inizio formidabile, anarchia musicale costellata da cori, costruzione di un punk spaziale, così come la nuova versione di “Bastard Basket”, ripetitivamente sorprendente con tanto di finale con fiati jazzeggianti e un retrogusto che sa di Radiohead.

L’album ha tante sfaccettature che rischiano di passare inosservate e farsi fagocitare dai riferimenti post punk, come avviene per “The Next Fix (A Safe Space)”, pezzo trainante e coinvolgente nel quale rap, funk, voci alterate e cori costruiscono il brano migliore.

Non si può non citare “Ouster Stew” con chiari riferimenti alla new wave americana,  “Tunnel Vision”   brano che supera i quattro minuti e nella seconda parte è irresistibile e il pezzo di chiusura “Angel Dust (Eternal Peace)”, che nella sua costruzione sognante sta a rappresentare una sorte di rinascita e di allontanamento dagli eccessi, grazie al potere, in questo caso salvifico, della musica.

I Crack Cloud  fanno centro, raccolgono varie influenze musicali e le trasformano in maniera personale, riescono, attraverso la ricerca di   una propria visione di creazione collettiva e comunità  artistica aperta, a costruirsi un’ immagine affascinate che finisce con il differenziarla da tutte le altre band in circolazione.

In conclusione, ci regalano un album che non possiamo fare a meno di apprezzare e consigliarvene l’ascolto.

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