La diva oscura che ha ispirato e a sua volta si ispira alle dame sinistre del gotico, imprigionata però in contesti suburbani, allo scadere degli anni ’70 si ritrova a dover rimpolpare la sua banda bislacca orfana di due componenti chiave. Stiamo parlando ovviamente della divina Siouxsie Sioux e dei suoi Banshees, e del fatto che l’ex amante di Siouxsie, il chitarrista Robert Smith (sì, quello dei The Cure), venne sostituito allo scadere del 1979 da John McGeoch dei Magazine oltre che dalle saltuarie incursioni dell’ex Sex Pistols Steve Jones. Inoltre, alla batteria, dal 1980 si siederà  l’ottimo Peter Clark, in arte Budgie, il quale non si alzerà  più dallo sgabello fino allo scioglimento dei Banshees nel 1996.

 Il nuovo assetto di  Siouxsie and The Banshees  muta il  sound  della band aprendo a piste più elettroniche.
“Kaleidoscope”, il terzo album di  Siouxsie and The Banshees, spalanca letteralmente le porte al dark pop  danzereccio degli anni ’80.

Per la prima volta vengono utilizzati i  synth  e le classiche atmosfere cupe, insieme ai testi disturbanti di  Siouxsie,  vengono sorretti da una impalcatura più  elettro-dance,  portando alla luce brani come “Happy House” che spopolano nelle discoteche dark  londinesi.

Il secondo singolo di “Kaleidoscope”: “Christine”, ha un fascino inquietante. Il brano è ispirato all’autobiografia di Christine Sizemore, donna affetta dalla patologia psichiatrica delle multiple personalità , ma paradossalmente si dimostra una hit da discoteca (alternativa ovviamente). Questo di “Christine” è proprio il paradigma del terzo album di Siouxsie and The Banshees. La band si sposta verso il pop, ma senza perdere i propri contenuti e la propria dimensione. Questo rende il tutto forse ancora più inquietante, perchè declina in un linguaggio comprensibile a più persone un messaggio conturbante e alieno dalla forte carica attrattiva e ipnotica. Un vero capolavoro in questo senso.

I brani di “Kaleidoscope” hanno una struttura di base più semplice di quelli presenti nei due precedenti lavori, ma la forza motrice che anima il disco è ancora più poderosa e lascia intravedere un’urgenza espressiva ansiosa. Difatti dopo il tour del “’79, in seguito al quale sono fuoriusciti chitarrista e batterista storico, a Siouxsie  fu ordinato dal medico curante di prendersi un mese di pausa da tutto.  Siouxsie utilizzò questo mese di tempo per imparare a suonare bene la chitarra e a comporre anche la musica delle sue canzoni. Una vera prima volta per la leader del gruppo e bisogna riconoscere che la forza di Siouxsie  si percepisce tutta dentro le tracce di “Kaleidoscope”, ancora di più che in precedenza.

Dentro “Kaleidoscope” si scoprono tutte le carte di Siouxsie and The Banshees e il terreno si prepara per il successivo “Juju”, capolavoro del 1981.
Gli anni ’80 forse iniziano anche qui. Il 1 agosto il  dark  entra nelle discoteche e contagia la musica, la moda e la cultura di massa degli anni a venire.

La divina Siouxsie  ha reso il  post punk  ballabile e ha diffuso il suo messaggio alle nuove generazioni. Come in un telefono senza fili dove da una parte sussurra una frase Edgar Allan Poe e, dall’altro capo del filo, la stessa frase viene ascoltata e rielaborata da Tim Burton.

Data di pubblicazione: 1 agosto 1980
Durata: 40:44
Tracce: 11
Etichetta: Polydor
Produttore: Nigel Grey

Tracklist:

Lato 1:

1. Happy House
2. Tenant
3. Trophy
4. Hybrid
5. Clockface
6. Lunar Camel

Lato 2:

7. Christine
8. Desert Kisses
9. Red Light
10. Paradise Place
11. Skin