Il compleanno che andiamo a festeggiare oggi è uno di quelli “speciali”, almeno per il sottoscritto – che con le canzoni dei fratelli Gallagher è cresciuto – perchè riguarda uno degli album più famosi e di successo della storia della musica.

“(What’s the Story) Morning Glory?” degli Oasis, pubblicato il 2 ottobre di venticinque anni fa, si celebra in fondo da solo, forte di numeri impressionanti (basti pensare che con ventidue milioni di copie è il terzo più venduto di tutti i tempi in Inghilterra, dietro solo al “Greatest Hits”dei Queen e al celebre “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei padri putativi Beatles) e del valore indiscutibile dei singoli brani che ne compongono la scaletta.

Praticamente in ogni casa del Regno Unito campeggia l’iconica immagine di copertina di questo disco.

Non bastassero queste componenti obiettive (sì, al netto che certa critica non è mai stata troppo indulgente nei loro confronti, non si può certo dire che queste canzoni non siano di assoluto livello), a fare la differenza con altri lavori di pregio usciti nello stesso periodo, vi è sicuramente l’impatto che ebbe sul mondo musicale del 1995.

Se già  ai tempi di quell’epocale esordio che rispondeva al nome di “Definitely Maybe”, gli Oasis erano entrati a piedi uniti nel mercato discografico, sparigliando le carte del nascente britpop, col passaggio al disco successivo i Nostri divennero un vero fenomeno extramusicale, finendo spesso col monopolizzare le attenzioni dei media, interessati, oltre che a una coinvolgente avventura artistica di tale portata, anche a pettegolezzi sulla loro vita privata, ai tanti scandali, agli eccessi e, ovviamente, ai litigi, presto diventati leggendari, tra i due fratelli Liam e Noel.

Litigi che, a dire la verità , se da una parte risalivano alla sfera familiare (fin da bimbi erano molto diversi fra loro per indole e ambizioni), ben presto traevano linfa anche dagli aspetti meramente artistici, con Noel, ribattezzatosi a scanso di equivoci The Chief, che iniziava a reclamare per sè quelle canzoni che, nate dalla sua penna, finivano poi per essere il più delle volte magnificamente interpretate dalla caratteristica voce del più giovane Liam.

Questioni di leadership, insomma, che almeno per i primi anni di vita della band venivano in ogni caso accantonate sull’altare del successo, giunto copioso e meritato all’altezza del fatidico secondo album, anticipato pochi mesi prima dalla celebre “battle of the bands” che li vide contrapposti nell’afosa estate del 1995 agli odiati (almeno all’epoca) rivali Blur, che vi si ponevano in modo antitetico.

I due gruppi, su cui le maggiori riviste musicali inglesi stavano montando una pubblicità  senza precedenti, nel nome di una piena riaffermazione della musica inglese, dopo anni di imperante grunge a stelle e strisce, pubblicarono infatti nello stesso giorno, esattamente il 14 agosto, i loro nuovi attesissimi singoli.

La “battaglia” fu vinta inequivocabilmente dai londinesi Blur che con “Country House” vendettero più copie della corrispettiva “Roll with It” ma il quintetto di Manchester (che oltre ai fratelli Gallagher comprendeva i co-fondatori Paul “Bonehead” Arthurs alla chitarra e Paul “Guigsy” McGuigan al basso, e il neo arrivato Alan White alla batteria in sostituzione di Tony McCarroll, allontanato senza troppi complimenti pochi mesi prima) non si perse certo d’animo.

Gli Oasis stavano infatti preparando il terreno in vista dell’uscita di “(What’s the Story) Morning Glory?” che riuscì in men che non si dica a ribaltare le gerarchie, imponendosi nelle classifiche di tutta Europa, Italia compresa.

D’altronde, dopo il succoso aperitivo rappresentato dall’energica “Roll with It”, e prima ancora dalla sonica “Some Might Say”, il piatto forte prevedeva le due super ballate “Wonderwall” e “Don’t Look Back In Anger” (quest’ultima cantata da Noel), diventate delle autentiche evergreen; l’imponente “Champagne Supernova”, in cui Liam per una volta giustificava i riferimenti col suo idolo dichiarato John Lennon; la tirata caustica della (quasi omonima) title track; la sognante e malinconica “Cast No Shadow”, struggente esortazione di Noel all’amico Richard Aschcroft a non mollare dinnanzi alle difficoltà  col suo gruppo The Verve, soltanto in seguito ripagato da un enorme successo, ma anche le altre tracce in fondo sono meritevoli e hanno contribuito a rendere immortale questo capitolo di un gruppo che sembrava davvero non porsi limiti.

La storia ci dirà  invece qualcosa di diverso. Da lì a poco, infatti, almeno da un punto di vista qualitativo, gli Oasis subirono una frenata (d’altronde mantenere gli standard dei primi due album non era faccenda facile), compensata però dai fasti commerciali del successivo “Be Here Now”, prima di una forte crisi che avrebbe portato a un rimescolamento dell’organico e a una sempre più difficile convivenza dei due protagonisti, con gli equilibri della band ormai logori e precari.

L’apice però era stato toccato proprio in seguito a questo disco, con il memorabile concerto a Knebworth Park, nell’agosto del 1996, quando ben 250.000 spettatori paganti (il massimo della capienza stabilita, a fronte degli oltre due milioni e mezzo di richieste di biglietti) assistettero alla messa pagana di una band che in quel momento stava in cima, nell’Olimpo del Rock.

E io, se chiudo gli occhi e mi rimetto ad ascoltarmi in cuffia “(What’s the Story) Morning Glory?”, torno in un attimo ai miei 18 anni, con tutte le emozioni che riaffiorano intatte in superficie e ancora con i brividi all’ascolto di quelle canzoni senza tempo.

Oasis ““ (What’s the Story) Morning Glory?
Data di pubblicazione:  2 ottobre 1995
Tracce: 12
Lunghezza:  50:05
Etichetta: Creation
Produttore: Owen Morris, Noel Gallagher

Tracklist
1. Hello
2. Roll with It
3. Wonderwall
4. Don’t Look Back In Anger
5. Hey Now
6. Untitled (The Swamp Song 1)
7. Some Might Say
8. Cast No Shadow
9. She’s Electric
10. Morning Glory
11. Untitled (The Swamp Song 2)
12. Champagne Supenova