Jakob Dylan è il figlio di Bob Dylan.
Il più classico dei figli d’arte, nè il primo nè l’ultimo, etichetta che, qualora tu decida di intraprendere una carriera nel mondo dello spettacolo o, per estensione, in una qualche attività con ritorni mediatici e di pubblico, giocoforza porta con sè un proprio set di pro e contro.
Di certo se vuoi fare musica non ti mancherà una chitarra da imbracciare, probabilmente non ci saranno problemi per trovare una sala prove o comunque uno spazio dove poter suonare, salvo cose particolari il DNA sarà quello giusto, di sicuro una casa produttrice disposta a spalleggiare quello che fai si farà avanti.
Di converso, il rischio di diventare un semplice epigono, o ancor peggio far la figura del raccomandato con detrattori pronti a puntarti il dito, sarà lì dietro l’angolo ad aspettarti, specie se tuo padre è quel Dylan.
Dei punti a favore di cui sopra, non mancherà niente al giovane Jakob Luke, con la Virgin prima e la Interscope di casa Universal poi a produrre i dischi dei The Wallflowers, band creata dall’ultimogenito di Bob e Shirley Marlin Noznisky sul finire degli anni ’80.
Ma per quanto l’approccio fosse (guarda un po’) guitar driven come quello del padre, The Wallflowers riuscirono con i loro primi due album a strappare, nonostante il prevedibile scetticismo iniziale di una bella fetta di addetti a lavori e non, buoni consensi sia in termini di critica che commerciale, con uno stile che comunque riuscirà , pur seguendo le stesse rotte, a imboccare sentieri diversi da quelli del ben più celebre padre, con l’akmè rappresentato da “Bringing Down The Horse” del 1996.
“Breach”, nel 2000, sarà il loro terzo album in studio.
Animato da impulsi heartland, roots e americana (tant’è che spesso si dirà che Jakob paia più il figlio di Springsteen che quello di Dylan), l’album galleggia scolastico tra tracce radio friendly a giri più o meno ridotti, sorretto dalla buona scrittura e dalla voce roca ma intensa del suo leader e da un discreto supporto strumentale della band, questa in continua evoluzione intorno alla figura di Jakob Dylan (c’è ancora l’organista/tastierista Remi Jaffee, ma nei crediti si legge anche il grande batterista Matt Chamberlain, mentre c’è la voce di Elvis Costello nella seconda linea di “Murder 101”).
Lanciato dal singolo “Sleepwalker”, forse unico vero innesco degno di memoria e che avrà un suo buon seguito anche da noi con il video in discreta rotation sui canali di musica dedicati, l’album, qualitativamente inferiore a “Bringing Down The Horse”, entrerà nella top 10 solo in Canada (in Inghilterra non andrà oltre una misera posizione n ° 161…) ma riuscirà col tempo a diventare disco d’oro in patria. Ma sarà anche ricordato come l’ultimo album degno di nota di Jakob e i suoi The Wallflowers.
The Wallflowers – Breach
Data di Pubblicazione: 10 Ottobre 2000
Etichetta: Interscope Records
Tracce: 10
Durata: 42:53
Produttore: Andrew Slater, Michael Penn
Tracklist:
1. Letters from the Wasteland
2. Hand Me Down
3. Sleepwalker
4. I’ve Been Delivered
5. Witness
6. Some Flowers Bloom Dead
7. Mourning Train
8. Up from Under
9. Murder 101
10. Birdcage + Babybird (traccia nascosta)