è una reunion assai particolare, quella dei Mr. Bungle. Un omaggio al proprio passato remoto, più che l’inizio di una nuova avventura. Consideratelo pure una sorta di reset perchè, a distanza di vent’anni esatti dalla fine, la stramba creatura di Mike Patton, Trey Spruance e Trevor Dunn non riprende da dove aveva lasciato ma riparte dalle origini. Da quel demo tape che, nell’ormai lontanissimo 1986, consentì a una piccola band di liceali di farsi un nome nelle scene thrash e hardcore del nord della California.

Nessun inedito ma tante gradite sorprese: così arrabbiati, veloci e genuinamente metal i Mr. Bungle non li avevamo ancora mai sentiti. Non stupitevi se le undici tracce di “The Raging Wrath Of The Easter Bunny Demo” hanno poco o nulla da spartire con il sound sperimentale e atipico cui ci avevano abituati nei loro lavori precedenti. Quest’album non è nient’altro che un totale rifacimento ““ con l’aggiunta di una manciata di cover e brani dell’epoca mai registrati precedentemente ““ di uno sgangheratissimo nastro realizzato da un gruppo di eccitatissimi diciottenni.

Se fosse un film sarebbe il remake ad alto budget e in versione hollywoodiana di un minuscolo cortometraggio girato tra amici. Recuperate la demo originale da YouTube e fate il confronto: con ogni probabilità , la prima cosa che vi salterà  all’orecchio è il peso dei trentaquattro anni trascorsi tra un disco e l’altro. I Mr. Bungle del 2020 non sono più delle promettenti leve del rock alternativo, ma dei talentuosissimi professionisti che suonano alla perfezione e possono permettersi tutto ciò che desiderano. Il reclutamento di due miti del thrash metal anni ’80 come Scott Ian (chitarrista ritmico degli Anthrax) e Dave Lombardo (batterista degli Slayer) è quindi da intendersi come un sogno diventato realtà  per Patton, Spruance e Dunn, che sembrano divertirsi un mondo nel ripercorrere il loro periodo adolescenziale.

“The Raging Wrath Of The Easter Bunny Demo” non è una minestra riscaldata ma, come già  scritto in precedenza, un sincero e appassionato tributo ai primi passi di una carriera che in seguito si sarebbe evoluta in direzioni sempre diverse, senza comunque mai dimenticarsi davvero di quelle radici thrash, punk e hardcore che qui sono in assoluto risalto. O, per esser più precisi, rappresentano la vera e propria spina dorsale dell’opera.

Le devastanti “Anarchy Up Your Anus”, “Raping Your Mind” e “Sudden Death” avanzano spedite come bulldozer col turbo, tra gli assoli indiavolati di Trey Spruance e la batteria schiacciasassi di Dave Lombardo. Mike Patton fugge da qualsiasi tentazione melodica, preferendo mostrarci il suo lato più ruvido e urlato ““ a esclusione della divertente citazione di “La Cucaracha” inserita a mo’ di collante tra “Hypocrites” e la cover di “Speak English Or Die” dei S.O.D. (qui “tradotta” in “Habla Espaà±ol O Muere”). Il brano da non perdere si intitola “Eracist”: un riff ultra-accattivante per una parentesi crossover che a qualcuno potrebbe far tornare in mente i Faith No More.