di Marco Obertini

A prescindere dai gusti musicali, dal torso nudo di Agnelli e da tante altre considerazioni che si potrebbero fare ma che non ho voglia di fare, ammetto di aver provato un leggero brivido di piacere nel vedere una band rock “classica”, ma soprattutto una band di musicisti veri, dare una pettinata a buona parte di quei fragili interpreti della trap e dello “urban pop”. Una performance quella dei due ragazzi (i Little Pieces of Marmelade hanno riproposto “Veleno” degli Afterhours) con Manuel Agnelli che oltre a dare al sottoscritto un effimero piacere, avrà  probabilmente ringalluzzito l’intera generazione anni ’90 ma che, al contrario, sarà  certamente scivolata, senza lasciare traccia alcuna, sulla pelle della nuova onda di musicisti e fruitori della musica che, probabilmente a ragione, considerano il rock questione di altri tempi.

Ho usato l’aggettivo fragile perchè all’estero in ambito, trap, urban etc etc. di produzioni qualitativamente alte ce ne sono diverse ma mi domando perchè in Italia emergano principalmente le scopiazzature più slavate e adolescenziali. Purtroppo nel pettinare i futuri protagonisti della trap Manuel ha pettinato anche i suoi eroi “rock” Little Pieces of Marmelade relegandoli a backing band di sè stesso ben lungi dal dare vita con loro ad una performance “duetto”che li valorizzasse. Al contrario li ha oscurati con le sue indiscutibili qualità  di frontman piazzandosi davanti a loro con tanto di amato/odiato petto nudo e con la sua vocalità  non comune che ha sovrastato la stridula ed anche un po’ fastidiosa voce del batterista/cantante. Il risultato finale è stato di monopolizzare la scena, evidenziando l’assoluta mediocrità  del duo chitarra/batteria, tanto decantato durante le interminabili e noiosissime presentazioni in veste di giudice e a cui ha offerto pubblicamente, uscita a mio avviso molto discutibile, una produzione artistica ed un booking di livello nazionale.

In questo caso per mediocre intendo proprio dire “nella media”, senza infamia e senza lode.

Ciò che però vorrei condividere con questo scritto è quel senso di vuoto che ho provato guardando la finale 2020 di X-Factor che nemmeno il lato trash del talent (che a tratti mi risulta divertente) e qualche concorrente di sicuro talento, sono ahimè riusciti a calmierare.

Love.