Fin da subito il paragone immediato che viene appicciato ai Gene sono gli Smiths. La cosa non piace molto ai diretti interessati, ma, nonostante tutto, sono anche i dettagli di un disco come quello di cui andiamo a parlare che gettano benzina sul fuoco.
Nel 1996, infatti, tanto per creare ancora di più un collegamento con la band di Morrissey, voluto o casuale che sia, uscì infatti una compilation/raccolta, “To See The Lights”, di singoli, b-side, session radiofoniche e live, proprio come gli Smiths fecero nel 1984 con “Hatful Of Hollow” (seconda uscita per ambedue le band).

Al di là  di questi accostamenti c’è da dire che il disco è appendice completa, doverosa e assolutamente fondamentale al già  magnifico “Olympian”. I Gene non avevano mai nascosto di volere realizzare un esordio ricco di inedite, senza andare a pescare tanto tra i singoli precedenti e la cosa venne rispettata in pieno. Eppure per strada erano state seminate perle assolute, sopratutto in alcune b-side che, per qualche altra band, sarebbero state il brano portante senza nemmeno pensarci sù. Ecco quindi la pregevole e sensata idea di raccogliere queste magie in un solo disco, per tutti coloro che si erano persi per strada i 7″ pre album o quelli immediatamente successivi.
Fanno quindi la loro bella comparsa i primi brani trascinanti della band come “Be My Light, Be My Guide” o “Child’s Body”, ma anche lo struggimento assoluto di incanti in musica come “Her Fifteen Years” e “I Can’t Help Myself” (anche in versione voce/piano, tanto per spezzarci definitivamente il cuore). “I Can’t Decide If She Really Loves Me” è un vecchio brano dell’era Sp!n (idem “To See The Lights”), che ripreso e rivisitato sa incantare senza mezze misure. Non mancano poi esecuzioni aggiornate di canzoni già  presenti sull’esordio (“London, Can You Wait?” rimane uno dei pezzi più belli degli anni ’90, poco da dire).

La gettonata live “Sick, Sober & Sorry” è li, ovviamente che svetta nella tracklist e, tanto per farci assaporare un po’ il sapore e i profumi belli intensi dei concerti di Martin e soci, ecco comparire anche dei brani dal vivo, in cui i muscoli, che troveremo perfettamente oliati nel secondo album, iniziano già  a dimostrarsi pienamente funzionanti e allenati. Le cover di Beatles e Dionne Warwick sono impeccabili, a dire poco.

Per chi si potesse lamentare che la versione di “For The Dead” non è quella originale uscita nel 1994 ma la versione rivisitata del 1996, beh, niente paura: ghost track alla fine dell’ album è proprio quello splendore assoluto che servì come primo, pazzesco, biglietto da visita ai Gene. Tutto questo per dire che non manca proprio nulla a questa compilation per meritarsi un voto altissimo in pagella: non una semplice raccolta, no, bensì una “magistrale raccolta di splendidi e ispiratissimi brani“, ecco, così va meglio.

Pubblicazione: 26 gennaio 1996
Genere: Indie rock
Lunghezza: 78:48
Label: Costermonger
Produttore: Sam Cunningham, Phil Vinall, Miti Adhikari, Paul Allen

Tracklist:
1. Be My Light, Be My Guide
2. Sick, Sober & Sorry
3. Her Fifteen Years
4. I Can’t Decide If She Really Loves Me
5. Haunted By You
6. To See The Lights
7. I Can’t Help Myself
8. A Car That Sped
9. For The Dead
10. Sleep Well Tonight
11. How Much For Love
12. London, Can You Wait?
13. I Can’t Help Myself (Acoustic)
14. Child’s Body
15. Don’t Let Me Down (John Lennon/Paul McCartney)
16. I Say a Little Prayer (Burt Bacharach/Hal David)
17. Do You Want To Hear It From Me
18. This Is Not My Crime
19. Olympian
20. Child’s Body