Il suo primo lavoro sulla breve distanza, chiamato semplicemente “EP” (e prodotto da DM Stith), era uscito a giugno 2015, ma ora Anna B Savage, dopo essere stata in tour con Father John Misty e Jenny Hval, è ritornata, realizzando questo suo debutto full-length.

Pubblicato dalla nota label berlinese City Slang, “A Common Turn” è stato registrato insieme al produttore William Doyle (FKA East India Youth).

I buoni riscontri ottenuti all’inizio della carriera avevano colto di sorpresa la songwriter di stanza a Londra e ciò l’aveva portata a problemi mentali che avevano messo in dubbio anche il proseguimento della sua carriera (in “Dead Pursuits” la Savage dice addirittura “Three years and still worried / It’s a mediocre album”), ma fortunatamente i suoi dubbi si sono sciolti e ora è arrivato questo interessante esordio sulla lunga distanza.

Figlia di due cantanti classici, nel corso dei tre quarti d’ora a sua disposizione Anna sfrutta la sua voce profonda per descrivere perfettamente le emozioni e i sentimenti, tanto che in alcuni casi ci puo’ ricordare il senso poetico di una certa Angel Olsen, sebbene lo stile non sia lo stesso.

“Corncrakes”, per esempio, è un vero trionfo per i suoi vocals che, secondo chi scrive, ricordano i momenti più euforici e toccanti di una certa Anna Calvi: nonostante l’ansia sia ben tangibile nella canzone – e anche nella sua strumentazione piuttosto scarna ““ non mancano le emozioni che continuano a crescere in maniera determinante.

La successiva “Dead Pursuits”, che documenta la fine di una relazione sentimentale e la difficoltà  a essere se stessa, mostra la dolorosa, ma splendida drammacità  della sua voce.

In seguito la nostra traccia preferita di “A Common Turn”, “Baby Grand” dimostra la sua vulnerabilità : una composizione dallo stile classico, che si eleva grazie alle grandi doti vocali della Savage, capace di descrivere la sua passione in modo assai elegante attraverso un preciso cambiamento di toni, regalando momenti davvero toccanti.

Il lavoro di Doyle si nota in modo evidente in “Two” che, dopo un inizio lento e assolutamente intimo, esplode con un ritmo elevato dovuto a improvvise inserzioni di synth capaci di trasportare l’ascoltatore verso uno stato di trance.

In “Chelsea Hotel #3”, che parla di “prendersi cura di se stessa” ed è un chiaro riferimento a Leonard Cohen, troviamo attimi esaltanti in cui ““ abbastanza inaspettatamente ““ chitarra e batteria aumentano la velocità  in maniera assai decisa e rumorosa, quasi a voler segnalare un cambiamento.

Un album personale, intimo, sincero, “A Common Turn” dà  finalmente la possibilità  ad Anna di mettere in luce il suo talento e di fare uscire tutte le sue ansie e le sue paure: il suo songwriting è in continua progressione e la nostra speranza è che questo possa essere solo il primo capitolo di una lunga e importante carriera per la giovane e coraggiosa musicista inglese.

Photo Credit: Ebru Yildiz