E’ davvero un piacere poter ascoltare il ritorno di Tamara Lindeman e del suo progetto: la musicista e attrice di Toronto, infatti, ha pubblicato, via Fat Possum Records, questo suo nuovo LP con il moniker di The Weather Station. Il disco arriva a distanza di oltre tre anni dal suo omonimo quarto album ed è stato prodotto proprio da Tamara insieme a Marcus Paquin.

Pur sempre in evoluzione con ogni nuovo album, la canadese questa volta ha deciso di andare oltre al semplice concetto di folk, arricchendo il suo suono con nuove aggiunte strumentali, che lo rendono ancora più prezioso e raffinato.

Di esempi ne abbiamo parecchi e non dobbiamo andare nemmeno tanto lontano, perchè già  l’iniziale “Robber” suscita subito il nostro interesse: mentre in sottofondo le percussioni continuano a spingere verso l’alto, sopra di esse la sempre calda voce della Lindeman danza accompagnata dall’eleganza del piano, degli archi e dei fiati, che costruiscono un sound decisamente pieno e dalle influenze jazzy.

Poco più avanti, invece, troviamo “Parking Lot” che, senza perdere nulla dal punto di vista di classe e della passione, si muove su delicati, ma veloci territori disco che ci permettono di fare un gradito viaggio all’indietro di alcuni decenni.

Le tastiere, insieme alla insistente batteria, sono protagoniste nella riflessiva “Separated”, mentre i vocals di Tamara sono accompagnati da preziosi arrangiamenti di archi e di fiati.

Ha un tono più poppy, invece, “Heart”, in cui ancora una volta il lavoro vocale dai toni assai leggeri della canadese risulta davvero prezioso per descrivere la sua malinconia e i suoi dolori, lasciando, però, anche lo spazio a piano e percussioni per creare un’atmosfera sognante e sincera.

Un lavoro davvero ispirato, “Ignorance” mostra un ulteriore passo in avanti per la musicista dell’Ontario, facendo convivere perfettamente intimità  e dolcezza con suoni ricchi, ricercati e raffinati: siamo solo a febbraio, ma abbiamo già  un album candidato a finire molto in alto nelle top 10 di fine anno.

Photo Credit: Daniel Dorsa