Continua il sodalizio tra Simon Raymonde (ex Cocteau Twins) e Richie Thomas (Dif Juz) che quattro anni fa avevano pubblicato il convincente “Ojalà “. Il secondo capitolo a nome Lost Horizons s’intitola “In Quiet Moments”. Sedici brani usciti in due tranche: i primi nove lo scorso dicembre, gli altri sette a fine febbraio quando il disco è diventato disponibile anche in formato fisico. L’approccio di Raymonde e Thomas non è cambiato, si basa oggi come allora sulla composizione di tracce strumentali che poi vengono affidate a voci amiche scelte con cura ed attenzione.

Diversi graditi ritorni (sua maestà  Tim Smith in una soffusa ballata, la delicata Karen Peris, Marissa Nadler, l’intensa e orientaleggiante Gemma Dunleavy, Cameron Neal) e molte sorprese popolano un album in cui si intrecciano i temi di morte e rinascita, addii, nostalgie e piccole vittorie. Un lavoro di squadra (nel senso di Bella Union a cui molti artisti appartengono) senza prim’attori o comparse, solo tanta buona musica.

Jack Wolter dei Penelope Isles accompagna il mood squisitamente elettronico di “Halcyon” e Lily Wolter aka KookieLou replica in “Heart Of A Hummingbird”, “I Woke Up With An Open Heart” magistralmente condotta dal timbro regale di Nubiya Brandon dei The Hempolics trascina in territori soul e funk, influenze che tornano nella title track cantata da Ural “The Pillar Of Soul” Thomas curioso come un ragazzino nonostante gli ottanta anni suonati e una lunga carriera alle spalle.

Spiccano tra le new entry i nomi di Dana Margolin dei Porridge Radio in una “One For Regret” dall’indole grintosa e post punk e John Grant con la sua “Cordelia” sobria e sofferta, uno dei brani migliori del disco. Spetta alla svedese Julia Ringdahl in arte Kavi Kwai scoprire il lato gioioso della quiete in “Every Beat That Passed”, aiutata da Lauren Maria “Ren” Harvieu nell’ammiccante “Unravelling In Slow Motion” e da Laura Groves perfettamente a suo agio nel jazz notturno di “Blue Soul”. Fa piacere notare la presenza di Rosie Blair dei Ballet School capace di trasformare la romantica “Flutter” in un pezzo di bravura à  la Kate Bush.

“In Quiet Moments” è meno immediato di “Ojalà “, abbraccia diversi stili lasciando campo libero e carta bianca ai tanti ospiti che si danno il cambio in una peculiare staffetta delle sette note. I Lost Horizons sono ufficialmente diventati un collettivo, una moderna Factory. Raymonde e Thomas cercano di scrollarsi di dosso l’etichetta di malinconici per forza che li segue da quattro anni con un progetto ambizioso, che ha bisogno di tempo per essere pienamente apprezzato.

Credit foto: Simon Richie