L’onda lunga di emozioni, commenti e stupore che ha attraversato la notizia dello scioglimento dei Daft Punk si è placata da poco in fondo ma è di nuovo tempo di commemorazioni e retrospettive sul duo elettronico francese, dal momento che vent’anni fa veniva pubblicato “Discovery”, il loro secondo album.

Dopo il boom improvviso (e per certi versi inaspettato) di “Homework”, uscito nel 1997 e che ne segnava l’esordio discografico, Thomas Bangalter e Guy-Manuel de Homem-Christo erano attesissimi alla prova del nove, avendo dato l’impressione che la loro musica potesse in qualche modo essere a-temporale e a-spaziale, non soltanto “limitata” (mi perdonino i fan più intransigenti) ai dancefloor di tutta Europa.

Erano riusciti a proporre in primis una musica dalle forti ascendenti elettroniche, sconfinanti spesso e volentieri in territori techno e house, portandola al grande pubblico (già  questo risultato era a ben vedere rilevante) ma pareva chiaro che le loro influenze in realtà  comprendessero anche altro.

L’inconfondibile french touch aveva indubbiamente impresso il loro marchio ma le definizioni e le etichette sembravano davvero scomode per i due amici che si conoscevano sin dal tempo del liceo.

I presentimenti si dissolsero ben presto, una volta messosi all’ascolto del secondo disco, che sin dai singoli apripista mostrava un suono diverso, contaminato, memore delle sfavillanti atmosfere seventies, con quell’attitudine funky e soul che emergeva in alcuni casi in maniera esplicita tra le pieghe delle varie canzoni.

“Discovery” vanta innegabilmente una produzione più ricca e matura rispetto al disco di debutto e a beneficiarne sono in particolare quei brani ariosi, in cui anche la componente del canto viene messa maggiormente in luce, cosicchè ad esempio “One More Time” e “Digital Love” (tanto per fare due clamorosi esempi) si stampano presto nella memoria collettiva con le loro melodie trascinanti e ballabili.

Non viene smarrita la vena sperimentale, da riscontrare soprattutto però in quegli episodi prettamente strumentali: dalla scatenata “Aerodynamic”, che presenta pure un assolo rock filtrato da un’elettronica massiccia, all’onirica “Nightvision” fino ai ritmi blandi, cadenzati di “Voyager” i Daft Punk sprizzano creatività  da tutti i pori, riuscendo oltretutto a meravigliarci anche con un utilizzo acuto e raffinato dei campionamenti.

E’ bello infatti “perdersi” tra le varie citazioni presenti nei pezzi, alcune così addomesticate e rimescolate da risultare quasi impercettibili (un esempio in tal senso ci viene offerto da “Veridis Quo” che riprende, rallentandone i toni, i ritmi di un brano di Cerrone) ma al di là  di questo aspetto – comunque significativo del loro percorso – è evidente come con questo album i due deejay siano riusciti a creare un proprio stile riconoscibile, diversissimo da altri alfieri della nuova ondata di musica dance di fine anni novanta.

Ascoltando un singolo come “Harder, Better, Faster, Stronger” il collegamento con i Daft Punk viene infatti automatico, è già  paradigmatico del loro mood e della loro espressione sonora, ma lo stesso si potrebbe dire della briosa “Superheroes”, che mostra semplicemente un’altra faccia della stessa medaglia, con quel veloce incedere anni ’80.

E’ un album “Discovery” che sa unire egregiamente elementi retrò ad altri avveniristici, tanto che alla fine della fiera non potremmo mai tacciare la band di essere passatista o nostalgica, ma anzi ben ancorata in un presente – quello di inizio millennio -che si apprestavano a ridisegnare e a segnare profondamente.

Indimenticabili anche i videoclip dei singoli, tratti dal film d’animazione giapponese “Interstella 5555” che a sua volta aveva preso spunto da questo disco.

Riascoltare a distanza di vent’anni un album simile ti fa rendere conto una volta di più come i Daft Punk non fossero un gruppo di passaggio, una meteora giunta a scombinare gli equilibri musicali del proprio tempo, ma bensì destinati ad essere ricordati come una delle migliori esperienze di musica elettronica di sempre.

Data di pubblicazione: 12 marzo 2001
Tracce: 14
Lunghezza: 61:01
Etichetta: Virgin Records
Produttore: Daft Punk, Todd Edwards, Dj Romanthony

Tracklist
1. One More Time
2. Aerodynamic
3. Digital Love
4. Harder, Better, Faster, Stronger
5. Crescendolls
6. Nightvision
7. Superheroes
8. High Life
9. Something About Us
10. Voyager
11. Veridis Quo
12. Short Circuit
13. Face to Face
14. Too Long