Per i Pet Shop Boys il synth-pop è stato qualcosa in più di un semplice linguaggio da perfezionare. Neil Tennant e Chris Lowe hanno letteralmente indossato il genere, trattandolo come fosse una seconda pelle o un’estensione dei loro corpi. Un vero e proprio culto, nato all’ombra di nobili maestri (Human League, Soft Cell e OMD tra i primissimi punti di riferimento) e cresciuto all’interno dei tanti negozi di attrezzature elettroniche e impianti hi-fi sparsi sulla superficie di Londra. Fu proprio in uno di questi che nel 1981 i due si incontrarono ed ebbero modo di conoscersi, scambiando opinioni e consigli su come ottenere un sound il più possibile in linea con i loro gusti.

Dopo ben cinque anni, ricchi di esperienze di peso sia in patria che negli USA, i Pet Shop Boys riuscirono finalmente a condividere con il resto del mondo quella che per loro era da considerarsi la formula perfetta del synth-pop. A quel punto però il duo aveva affinato talmente tanto il proprio stile da potersi vantare di aver plasmato ex novo un sound assolutamente personale: riprendendo più o meno alla lettera una bella definizione data da Ian Wade della BBC, si potrebbe parlare di un mix dal sapore tipicamente britannico tra dance primordiale, Hi-NRG glitterata e pop cristallino.

Le undici tracce di “Please” non sono che un primo assaggio di una ricetta che nel tempo sarebbe poi stata migliorata e arricchita dal duo; soprattutto per quanto riguarda certe rifiniture sonore che qui, pur essendo già  presenti, risultano essere poco nitide e incisive. Proverò a essere più chiaro: l’album d’esordio dei Pet Shop Boys, pur essendo stato costruito ad arte per far ballare la gente, non ha quella micidiale carica danzereccia che in seguito avrebbe trasformato Tennant e Lowe in due implacabili bestie da discoteca.

è un lavoro raffinato, a suo modo persino elegante, nel quale l’ago della bilancia pende prepotentemente verso un elemento pop colto ma dall’appeal commerciale stratosferico. Non c’è un singolo ritornello, o un singolo riff di synth, che non sia capace di stamparsi in testa sin dal primo ascolto: il senso per l’orecchiabilità  dei Pet Shop Boys è un dono innato che in “Please” si manifesta con la forza di chi già  è grande anche se solo agli inizi, regalandoci una serie di ganci micidiali che ancora oggi, a distanza di trentacinque anni dall’uscita, farebbero la fortuna di qualsiasi potenziale hit.

Il fascino vero di questo album si nasconde però sotto la sua scintillante superficie dance pop, e riguarda il modo in cui Neil Tennant e Chris Lowe riescono a creare atmosfere uniche e intriganti dall’unione di suoni spesso in contrasto tra loro. Penso alla celebre “West End Girls”, che procede imperterrita tra bassi “grassi” e pulsanti e linee sintetiche leggere leggere; o ancora alla melodiosissima “Suburbia”, il cui memorabile tema, dal gusto dolce e malinconico, sembra quasi schiacciato tra il martellare di una drum machine particolarmente dura e una miriade di effetti sonori a dir poco fragorosi.

In questo continuo alternarsi tra violenza e desiderio di amore, tra caos festaiolo e intima solitudine, c’è tutta la genialità  dei Pet Shop Boys della prima ora. Un accumularsi di conflitti che, nelle mani del duo londinese, si traduce in un armonioso omaggio alla vita notturna delle grandi metropoli. Le passioni di “Two Divided By Zero”, il cinismo di “Opportunities (Let’s Make Lots Of Money)” e la tenerezza di “Later Tonight” non sono nient’altro che tappe in un eccitante viaggio all’interno di una città  non costruita sul rock and roll come cantavano gli Starship, bensì sul synth-pop.

Data di pubblicazione: 24 marzo 1986
Tracce: 11
Lunghezza: 40:23
Etichetta: Parlophone Records
Produttore: Stephen Hague

Tracklist:
1. Two Divided By Zero
2. West End Girls
3. Opportunities (Let’s Make Lots Of Money)
4. Love Comes Quickly
5. Suburbia
6. Opportunities (Reprise)
7. Tonight Is Forever
8. Violence
9. I Want A Lover
10. Later Tonight
11. Why Don’t We Live Together?