Credo che in molti siano arrivati a questa serie israeliana come ci sono arrivato io. Ossia mediante i suggerimenti di Netflix dopo la visione della miniserie “Unorthodox”, con la quale Shtisel condivide un’attrice (la brava Shira Haas) e l’ambientazione in un quartiere ebreo ultraortodosso.

In realtà  le due serie non potrebbero essere più diverse. In “Unorthodox” (ambientata a cavallo tra New York e Berlino e di produzione americana ed europea) il ghetto ultraortodosso è una prigione da cui fuggire, oggetto se non di denuncia, certamente di una rappresentazione negativa. L’approccio di Shtisel (produzione invece totalmente israeliana) è diametralmente opposto. Geula, il quartiere ultraortodosso di Gerusalemme nel quale è ambientata, è semplicemente un luogo diverso da quelli cui siamo abituati, che la serie rappresenta con garbo e realismo, con i suoi tempi (poeticamente lenti), regole e tradizioni.

Alcune regole ci sembreranno desuete, medievali ed eticamente contrastanti a quello che riconsociamo come vivere civico e contemporaneo. Invidieremo però una purezza debordante nelle relazioni umane, il totale abbandono alla fede e la capacità  di superare i drammi più terribili grazie ad essa.
Gli sceneggiatori e gli attori di Shtisel sono così bravi che si arriva a questa terza serie con la sensazione di essere di famiglia; con tanto di simpatie e antipatie. Tanto che quando nella prima puntata viene rivelato quello che viene rivelato nella maniera in cui viene rivelato, ci si rimane di stucco e quella degli sceneggiatori appare come una scelta sadica.
In realtà , quella che sembra una drammatica fine è in Shtisel, ancora una volta, un inizio. E’ infatti così che la famiglia più simpatica di Geula inizia il suo viaggio verso il compimento di molteplici percorsi umani, alcuni aperti nelle scorse stagioni, altri nuovi.
Al solito i registri utilizzati sono tanti e vari, da quelli del dramma familiare che investe Rukami e Hanina ai perfetti tempi comici dell’eterno battibecco tra il capofamiglia Shulem e suo fratello Nuckem, dall’intenso conflitto di coppia tra Giti e Lippe al romanticismo surreale del magnifico Akiva.

La conclusione (ad oggi) magnifica di una delle serie più belle dell’ultima decina d’anni.