La pandemia galoppa: per il momento, scordiamoci il cinema. Un boccone amaro da mandar giù per il povero Rob Zombie, da ormai tanti anni attivissimo regista di film horror più o meno riusciti. Questi mesi apparentemente interminabili di restrizioni e lockdown, tuttavia, non sembrano aver demoralizzato in maniera particolare l’ex cantante dei White Zombie che, approfittando dei tempi mortissimi, ha deciso di tornare alla sua più antica passione: la musica.

Le diciassette tracce di “The Lunar Injection Kool Aid Eclipse Conspiracy” spezzano un silenzio discografico durato quasi cinque anni. Sembra passata una vita, ma nulla o quasi è cambiato nel raccapricciante mondo psichedelico dello shock rocker statunitense. Il suo continua a essere un alternative metal dall’identità  mutante, che scorre via tra atmosfere truculente e discrete dosi di ironia.

Delle sonorità  industrial alla base dei primi lavori da solista resta molto poco, a parte qualche inevitabile sentore “mansoniano” legato alla presenza nel disco di due celebri ex collaboratori del Reverendo caduto in disgrazia: il batterista Ginger Fish e il chitarrista John 5. Ed è proprio quest’ultimo, con i suoi elettrizzanti virtuosismi e una serie di “abbellimenti” dal gusto country/blues, a marchiare a fuoco un album che di certo non deluderà  i vecchi estimatori di Rob Zombie.

“The Lunar Injection Kool Aid Eclipse Conspiracy” è un’opera cinematografica priva di immagini: un B-movie folle, violento e colorato da gustarsi tutto d’un fiato. Se siete alla ricerca di film d’autore, fuggite a gambe levate: qui non c’è spazio per la qualità . L’unico obiettivo conclamato è quello di intrattenere l’ascoltatore e, da questo punto di vista, non si può far altro che ringraziare il barbutissimo regista di “La casa dei 1000 corpi”.

Perchè qui ci si diverte dall’inizio alla fine, tra riffoni maleducatissimi (“The Ballad Of Sleazy Rider”, “The Eternal Struggles Of The Howling Man”), irresistibili cafonate dal sapore punk/western (“18th Century Cannibals, Excitable Morlocks And A One-Way Ticket On The Ghost Train”), pestoni da headbanging selvaggio (“The Satanic Rites Of Blacula”, “Get Loose”) e stravaganti divertissements in stile disco rock (“Shadow Of The Cemetery Man”) e blues (la sulfurea “Boom-Boom-Boom”).

I numerosissimi intermezzi posti tra un brano e l’altro servono a poco, se non ad aggiungere un pizzico di fascino pulp a un lavoro solido e davvero mai noioso che trova nelle pesantissime ” The Triumph Of King Freak (A Crypt Of Preservation And Superstition)” e “Crow Killer Blues” i suoi momenti migliori. Lunga vita a Rob Zombie, eterno maestro di ignoranza!