Non che volessi o mi aspettassi il polpettone da due ore e rotte, ma la cosa che meno mi è piaciuta di questo film sulla carriera di Roberto Baggio è la maniera frammentaria e slegata in cui viene raccontata la sua epopea. In particolare, il salto che ho trovato più drastico e fastidioso è quello dal brutto periodo post-infortunio alla Fiorentina direttamente ai mondiali, con tutto il tempo alla Juventus e il Pallone D’oro giusto menzionati – e io, lo dico a scanso di equivoci, sono tifoso napoletano.
Inoltre mi sarebbe piaciuto vedere un po’ di calcio in più.

Molto bene invece la delicatezza con cui vengono raccontate le vicende personali, il buddismo, la gioventù, la vita familiare. In una parola: l’uomo.
Molto bravo è stato in effetti l’attore protagonista Andrea Arcangeli, che non conoscevo per nulla, ad incarnare smorfie, sentimenti ed umanità  del codinato campione italiano.
Irresistibile poi Martufello/Mazzone, ma con un personaggio così come vuoi fare male. Tra i bravi impossibile non menzionare anche il papà  di Baggio interpretato da un commovente e burbero Andrea Pennacchi.

Difetti menzionati più su a parte e una semplicità  forse eccessiva nella regia, il film si fa comunque vedere con gran piacere, fluendo con leggerezza ed emozionando ogni volta che deve.
Ovviamente piacerà  un po’ in più che agli altri a tutti quelli che amano il calcio e la figura di Roby.