E’ con piacere che ritroviamo la penna, la chitarra e la voce di Luke Micheal Haines con questo “Setting The Dogs On The Post Punk Postman”, ennesimo album di una carriera che tra The Auters, Black Box Recorder, e tante altre avventure in squadra o in solitaria, di certo non si è mai fatta riconoscere per scontatezza ed ovvietà .

E con questo LP, il buon Luke, pensa bene pure di andare a punto: azzecca il titolo irriverente, azzecca la narrativa e lo stile narrativo, azzecca i contenuti della tela, azzecca la cornice sonora. Lo aiutano gli amici di altri viaggi (Peter Buck e Julian Barratt, in special modo), il resto ce lo mette tutto lui.

La penna, dicevamo: sempre istrionica, ficcante, sarcastica quanto basta, spesso più di quel che basta. La chitarra, che guarda al passato più che a sperimentare, tra folk del più accogliente al glam più lascivo. Non ha paura alcuna di risultare hi-fi, perchè a sporcare la pennellata ci pensa poi egli stesso col proprio tagliente acume. Tratteggia scene da piccolo teatro di borgata, più che canzoni, tra balzane sceneggiature e scelta dei personaggi, reali o meno. E ci riesce con gusto, stuzzicando ed ammaliando, volutamente nevrotico, sciatto, solo apparentemente sconclusionato. “Poeta” per sè stesso, prima che per chiunque altro.

Nel lotto di spaccati, scegliamo “Ivor on The Bus”, che parla del suo surreale incontro con il sommo Ivor Butler, la graffiante “I Just Want to Be Buried”, e la falotica chiusura affidata alla titletrack.

Chiamatelo pure eccentrico, pessimista, pure pazzo, figuratevi se si offenderà : ma una risposta sarcastica e ficcante, mettetelo in conto, nel caso.