Mamma mia, che goduria.

Appena ho premuto play, stamattina, sul primo singolo di questi folli dal nome folle ho sentito uno strano brivido percorrermi la schiena: esiste ancora musica capace di stupire, di divertire e di ricordare al nostro gusto assuefatto allo sterco (sì, fatemi essere “fisiologico”, riabilitiamolo questo benedetto “fisiologico”!) cosa voglia dire, per una volta, trovarsi emozionati non per meri calcoli di ragionieri della musica e fabbricanti di hit, quanto piuttosto per la sensazione catartica di libertà  che solo ciò che è genuino e sincero sa restituire all’ascoltatore.

Basta un singolo come “Surf in Maremma” per vivere l’esperienza di un viaggio che attraversa il globo tagliandolo a metà , su una rotta inedita capace di collegare la California e il surf rock allo ska spagnolo, attraversando la meticcia Maremma per involarsi sui Balcani; rock’n’roll, folklore e psichedelia si fondono in un ribollire di sensazioni che valgono ben più di un solo ascolto.

Unkle Kook  è progetto folle, in un panorama fin troppo noioso (e annoiato) che necessita da tempo di un massaggio cardiaco come quello di “Surf in Maremma” per risvegliarsi dal proprio ormai preoccupante torpore.

Viva i Beach Boys, viva gli Ska-P e Goran Bregovic, ma soprattutto viva quei pazzi scatenati di Unkle Kook, che da oggi hanno un fan in più.

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