Sempre un piacere ritrovare la grazia e la scrittura ispirata di An Early Bird.   L’album “Echoes Of Unspoken Words” (2020) portava avanti un percorso di esplorazione sonora, tale da spostare il cantautore da una dimensione classicamente folk a una più ricca e stratificata. Ora, con questo lavoro quella strada continua, andando ad abbracciare quello che potremmo definire un gusto pop mai così marcato. E non è affatto una critica.

Stefano De Stefano è un artigiano. Lavora sodo con la sua chitarra, usa pochi elementi ma li fa esprimere al meglio, sopratutto li usa in funzione del suo gusto melodico, che in questi anni si è sempre più affinato e in questo disco raggiunge forse il suo livello più elevato. In questo senso ho usato la parola pop, per questa capacità  di creare melodie immediate, tanto delicate e avvolgenti quanto capaci di entrare subito in circolo.

La chitarra acustica resta sempre il compagno di viaggio preferito, suonata in modo aggraziato, meglio, sfiorata più che suonata in molte parti, con questi arpeggi che infondono serenità  e sospensione. Il canto è lieve, si adagia sulla melodia e la valorizza. Intorno alle due colonne portanti ecco che fanno capolino gli elementi di contorno che menzionavo sopra: piano e ritmica elettronica sempre discreta, che aggiungono colori alla fotografia, mantenendola però sempre tenue e mai così accesa da infastidirci per dei toni fin troppo accesi.

Artigiano dicevo prima. Lo confermo. Cesellatore di preziose suggestioni, incastonate in raffinate cornici, apprezzabili da chi riesce ad andare oltre alle apparenze di facile semplicità . In un mare di playlist in cui il cattivo gusto o la banalità  sembrano trionfare, ecco che un disco come quello di An Early Bird non può che emergere per la cura davvero certosina delle piccole cose senza voler strafare e per la capacità  di sviluppare reale empatia. Bravo Stefano.