Già  il fatto che ci abbiano provato vuol dire tanto. Sentirsi accusati di essere uscite temporaneamente di strada, aver perso un componente del trio ( la batterista Weiss) proprio per aver sbagliato strada, e da lì ripartire comunque in due dopo almeno un paio di decenni di calchi sulle scene dell’indie rock, beh insomma vuol dire tanto. Secondo me, per Carrie BrownsteinCorin Tucker è anche una nuova esigenza del loro centro di gravità  sessuale, la volontà  di conservare lo spirito soprattutto di comunicazione del progetto Sleater-Kinney che ha imposto loro di continuare, l’idea e la volontà  di espressione di una posizione, diciamolo apertamente, fieramente di genere all’interno di uno scenario che negli anni le ha sempre riconosciute come delle icone proprio per questa autorevolezza e consapevolezza femminile.

C’era solo da aggiustare il tiro, da capire forse le cose che non andavano col precedente “The center won’t hold”, evidentemente un malriuscito tentativo di aggiornamento musicale del trio, che voleva approcciarsi in modo più morbido nella proposta sonora ma che in St.Vincent, produttrice di quel lavoro, ha trovato una figura troppo fagocitante per non snaturare la loro essenza.

Qui in “Path of wellness” si prova a far confluire il background musicale del nuovo duo di Portland in una decina di canzoni che attualizzano il percorso Sleater-Kinney, configurandolo alla realtà  delle due superstiti, ancora fiere, ma non più urgenti ed incalzanti come un tempo, il che non va neanche male, appunto per segnare uno stacco col passato e perchè   è anche del tutto concepibile che Corin non possa più arrivare con   la voce a quelle vette miracolose a cui eravamo abituati fino a “In the woods”, non c’è più anche fisicamente un drumming sincopato ex hip hop (pare che abbiano utilizzato addirittura 3 batteristi), i salti ritmici sono meno frequenti e vorticosi, le canzoni in linea generale sono meno viscerali, ma il tiro, anche se non equamente diffuso nei brani, rimane in diversi pezzi, “High in the grass”, “Tomorrrow’s grave” ad esempio, mentre in altre cose si evidenzia la ballata nervosa di turno, tipo “Shadow town” o “Down the line”, dove la chitarra della Brownstein incide le canzoni come se uscissero dalle migliori composizioni delle Breeders e la calda voce della Tucker dà  il suo meglio: insomma, se da un primo ascolto “Path of wellness” potrebbe sembrare  il più vicino possibile a ciò che un fan del 2021 delle S-K potesse prevedere di ascoltare, cioè la continuazione di uno cambiamento fuori rotta, dopo ulteriore saggio scorrere della playlist dell’album, complessivamente è un disco che si fa apprezzare, c’è qualcosa di più del recente passato e molto di più sul presente di quanto avessimo sperato.

C’è un rigore nella sottolineatura delle differenze, negli aspetti intimi del rapporto uomo – donna,   che pervadono gran parte dei testi dell’album, su tutte, ovviamente, “Complex female characters” e “Method”, battute semplici ma di sintesi profonda, che come rivelano i titoli, considerano la complessità  dell’universo femminile, un metodo nel rapportarsi che ha bisogno di essere ogni volta ribadito, un continuare a tenere la schiena dritta, a non abdicare alle proprie esigenze, per meglio cogliere le reciproche peculiarità . Mezzo punto in più per il non abdicare ci sta.

Credit Foto: Karen Murphy