è di nuovo venerdì e seguendo la traiettoria del volo di un moscone – dal ronzio più emozionante di tante cose sentite ultimamente – ho percepito l’esigenza, da parte dell’Universo, di sapere (anche) la mia sulle ultime pubblicazioni musicali del Belpaese; è per questo che, signore e signori, ho deciso di comunicare urbi et orbi il mio bollettino del giorno sulle nuove uscite del pop italiano. Sì, quel tragico, ribollente pentolone traboccante degli sguardi impietosi di chi dice che la musica nostrana fa schifo, di chi “parti Afterhours, finisci XFactor”, di “Iosonouncane meno male che esisti”, di “Niccolò Contessa ma quando ritorni”, di Vans, libri citati mai letti e film repostati mai visti che ogni venerdì rinfoltisce la sua schiera di capipopolo di cuori infranti con una nuova kermesse di offerte per tutti i gusti e i disgusti. Ecco, di questo calderone faccio parte come il sedano del soffritto, quindi non prendete come un j’accuse quello che avete letto finora: è solo un mea culpa consapevole ed autoironico – ridiamoci su! che una risata ci seppellirà , per fortuna, prima o poi – a preparare lo sfortunato lettore alla breve somma di vaneggi e presuntosi giudizi che darò qui di seguito, quando vi parlerò delle mie tre uscite preferite del weekend, e della mia delusione di questo venerdì. Sperando di non infastidire nessuno, o forse sì.

SPECIALE GREEN SELECTION

GALEA, Ragazzo fuori moda

Galea è il talento femminile più nascosto del Belpaese (che se continua così ostinatamente a far finta di non saper più riconoscere la bellezza si trasformerà  ben presto in Malpaese, e con che tasso di rumore e idiozia collettiva) e ogni volta che esce un suo pezzo cerco di prevedere in quanti lo ameranno e in quanti, invece, confermeranno di avere un bidone della spazzatura al posto del cuore. “Ragazzo fuori moda” conferma (e ce n’era bisogno?) l’attitudine post-rock di Galea, capace di prestarsi al mainstream senza perdere di identità ; sì, Galea è una di quelle che ti fa sembrare già  famosa la canzone che pubblica, e ti lascia a chiederti come mai in Italia ci sia gente che ha il pane senza aver mai avuto i denti mentre mandibole pronte – come quelle di Claudia – a divorare il mondo siano ancora relegate alla raccolta briciole. Che poi, vanno benissimo anche le briciole, per carità , ma non levano certo via la fame, e nemmeno la sensazione che Claudia meriti da tempo una consacrazione pubblica e perentoria che arriverà  presto. Alla faccia degli affamatori, e degli odontotecnici della discografia nazionale sempre pronti ad impiantare denti d’oro in chi non ha nemmeno ancora sviluppato quelli da latte.

LA NINA, FRANCO RICCIARDI, Tu

A me La Nià±a piace da matti, ma se si fa prendere a braccetto da Franco Ricciardi allora la poesia del tutto rischia di raggiungere vette da vertigine: a certe altezze, o ci sai stare (liberandoti da pose e posizioni, da facili giudizi e attacchi a ciò che non si comprende) oppure tocca che ti schianti ruzzolando giù dal Nuovo Olimpo di un neomelodico 2.0 che sta perdendo sempre più la sua accezione regionalista per aprirsi ad un appeal che conquista pubblico a tutte le latitudini. Il dialetto napoletano diventa lingua di giuntura tra mondi diversi, lontani e vicinissimi; giusto per far capire a qualcuno che certe polemiche, sterili già  venticinque fa, oggi sembrano essere sulla strada dell’oblio. Peccato che foto, cori ed exploit di certi personaggi che con la musica hanno poco a che fare rimangano ben impressi nella memoria.

ANNA, Drippin’ in Milano

Sta crescendo ANNA, e sta riuscendo sopratutto a liberarsi dal peso specifico gravoso e violento del suo esordio con “Bando”, che oltre ad avergli portato tanta fortuna discografica l’ha anche costretta, per un annetto buono, a vivere all’ombra di una hit che non ammette repliche di sè stessa. Eppure, discografici e sistema ci hanno provato, a clonare il primo successo di ANNA: featuring con artisti provenienti da tutte le latitudini, trasformazioni che non sono state sufficienti a calmierare il debito d’ispirazione che negli ultimi singoli ha denotato la scrittura della ragazza. Oggi, con “Drippin Milano”, l’asticella è tornata ad alzarsi con un inciso che fa il paio, per “radiofonicità “, con quello di “Bando” e una scrittura che pare rinfrescata da una crescita evidente, che confidiamo possa ricevere quello che necessita: attenzione, tempo e fiducia.

MARCO SCARAMUZZA, Rosa

Di Marco, ho parlato giusto qualche giorno fa con “Cuore di plastica”; il talento veneziano ha da prendere fiducia in mezzi che gli appartengono, certo, e magari dovrà  pure smussare angoli ancora un po’ troppo spigolosi nella sua proposta musicale, va bene, ma non posso che essere felice che esista ancora qualcuno, in questo assurdo Belpaese (cit.), che cerchi di fare le cose come piacciono a lui, in primis, e poi agli altri. Ci vuole coraggio – un grande coraggio – a pubblicare nell’era della disattenzione manovrata un brano come “Rosa”, che in quattro minuti disegna una babele di parole e immagini che piovono sull’ascoltatore costringendolo a schierarsi: o si è pronti a quella musica di qualità  che si chiede a gran voce, oppure ci si assume le responsabilità  di essere spesso noi ascoltatori a costituire il freno più stringente all’evoluzione di una canzone d’autore che non può nè deve essere facilmente digeribile. Perchè il nuovo, per definizione, non può essere qualcosa che ci si aspetta, che possa essere assimilato con scioltezza: diffidiamo dalle cose semplici, che oggi – il più delle volte – le confondiamo con le cose stupide; la semplicità  è un lusso dei pigri che non riescono ad ammettere che tutto è complesso. Anche e sopratutto Marco Scaramuzza – e per fortuna.

PABLO AMERICA, Arianna

Una settimana Pablo tornava sulle scene con un brano che di certo non aveva nulla a che fare con l’intimismo e la dolcezza in pieno stile “seventies ballad” di “Arianna”; sicuramente, se c’è una cosa che il talento di casa Bomba Dischi sa fare è stupire per versatilità  e capacità  di eversione dal vestito che critica, pubblico e discografici possono avergli cucito addosso. “Arianna” è un brano vibrante, aiutato ad involarsi dalla pasta timbrica di un cuore ispirato che ad ogni nuova alba sa rinascere. Mica male.

L’EDERA, Laser

Mi piace la scrittura di L’Edera, e di lui ho già  avuto modo di parlare in diversi bollettini fin qui pubblicati. Intimismo al servizio di un’ispirazione che si fa sentire attraverso il timbro vibrante di una penna certamente dotata di una propria precipua poetica; c’è qualcosa di “internazionale” che respira attraverso le melodie sospese di “Laser”, aiutando finalmente l’ascoltatore a non sentire puzza di maccheronico italianismo canzonettaro (strofa ritornello strofa bridge ritornello) grazie ad un bagaglio di immagini sensato, efficace e personale. Un armamentario utile a fare guerra alla noia.

EDODACAPO, In città 

Che bel mood che ha scelto Edodacapo per “In città “; il cantautore mette subito le cose in chiaro partendo dal fulcro estremamente melodico di un inciso che lascia il segno, parlando d’amore senza far scendere il latte alle ginocchia (e potevo scegliere un’immagine ben più volgare: ringraziate la mia eleganza). Mi piace il timbro dell’artista, mi piace la struttura “a mantra” della canzone capace di anestetizzare i sensi in una giostra di colori e suoni ben riuscita; mi piace la forma canzone, insomma, che aiuta a dare un po’ di pepe al venerdì di uscite.

LEO LENNOX, Pour Moi

Ritornello in chiave francese per il talento scuola Revubs Dischi originario della Puglia; “Diario”, il primo singolo di Leo, si era conquistata a pugni (perchè di rabbia, lì, ce n’era eccome) il suo posto nel bollettino, bissato oggi da “Pour Moi”. Ritornello che diventa mantra, idee chiare e piene di benzina che aiutano ad incendiare anche i cuori dei più scettici: c’è qualcosa, in Leo, che sta spingendo per trovare una sua forma ben precisa. La forma della bellezza, tra lo smussamento del blocco e la polvere dei detriti, si lascia intravedere: c’è solo bisogno di aspettare, avere fiducia e prepararsi. Che a volte, al futuro, si finisce con l’essere tremendamente inadeguati.

AMORE PSICHE, Dolce illusione

Bella scoperta gli Amore Psiche, trio milanese con buon sound e ottima identità : la voce di Daniela funge da guida intergalattica nel naufragio cosmico e onirico a cui costringe “Dolce illusione” sin dal primo ascolto; tra le orbite sospese del brano prende forma un mondo a metà  tra elettronica, ambient e post-rock, denotando la tendenza alla contaminazione e alla sperimentazione che costituisce, almeno fin qui, la produzione del trio.

ONCEWEWERESIXTY, Flood

Mica male il sound minimal ed elegante di Onceweweresixty, che in “Flood” recupera tutto l’onirico mondo del brit-pop fondendo Oasis e Daniel Johnstone, Elliot Smith e Mac de Marco in una litania ossessiva che si fregia di pochi ma sceltissimi (e con che gusto) suoni. Come un quadro astratto, “Flood” prende forma dalle line geometriche che la produzione artistica delinea senza volontà  di stupire ma di accompagnare l’ingresso graduale dell’ascoltatore in una dimensione altra. Un “less is more” che aiuta a depurare le orecchie dalle sporcizie musicali tutte pizza e mandolino che l’estate da “Notti Magiche” di questo 2021 sembra intenzionata a propinarci fino alla fine della bella stagione.

MAKY FERRARI, Disco jeans

Piglio disco-dance per Maky Ferrari, che rispolvera gli anni Ottanta – anche se certe immagini usate ricordano i primi Duemila, e senza vergogna alcuna! – per far scatenare l’estate nei jeans di tutti. “Disco Jeans” esplode a più riprese grazie ad un timbro, quello di Maky, che si fa valere eccome e ad una produzione che farebbe salire la voglia di ballare anche alla mia nonnina. Sul finale, le volute vocali di Ferrari ammiccano a quel soul/r&B di stampo americano che solitamente gasa solo se cantato dalle pop star a stelle e strisce; invece, stavolta, mi ha fatto godere anche nella versione tutta italiana di Maky.

GINA MONTANA, Talento Maledetto Mixtape (album)

Quante volte abbiamo pensato che no, fosse una grande stronzata pensare che bastasse il talento, darsi da fare, non smetterla di crederci e balle simili? Ecco, Gina Montana – che per conformazione genetica, artistica, umana non è una che le manda a dire, tutt’altro – al suo disagio e alla rabbia che le scorre dentro ha deciso di dedicarci un mixtape intero: melpot riuscito di linguaggi e codici che trovano un’amalgama da dieci nel timbro identitario e leonino di Gina. Un ruggito che risveglia le coscienze e sfoga i non detti, per il bene di tutti.

wLOG, Spazio Brigitte

La cosa che mi piace di wLOG è che in quello che propone non c’è mai nulla di ripetitivo e ripetuto, e ogni nuovo singolo pare un salto nel vuoto che puntualmente si trasforma in volo. “Spazio Brigitte” conferma tutto questo, aggiungendovi un piglio a metà  tra Fulminacci e BLANCO che restituisce all’ascoltatore la versatilità  di un progetto che necessiterebbe solo del giusto “calcio nel culo” (avrei parlato di merito, se il merito servisse a qualcosa nel 2021) per prendere lo slancio che la qualità  e l’identità  della sua scrittura meritano ormai da tempo.

SUPERTELE, OTTO X OTTO, Costole

Mica male il nuovo passo a due di Supertele e Otto X Otto, che con “Costole” regalano al pubblico italiano la propria idea di hit estiva; l’immagine delle costole funziona, al punto tale che i due artisti ci cuciono sopra l’intero brano, forte di un ritornello che, sospeso tra Mediterraneo e Sud-America, fa sì che il tutto diventi subito un tormentone in piena regola.