Il terzo album degli australiani Goon Sax lo aspettavo con una certa curiosità , visto i loro due primi lavori che avevano messo in risalto una band per certi versi particolare e con caratteristiche che mi incuriosiscono.

In primo luogo la naturale stravaganza del cantante principale, Louis Forster capace di muoversi vocalmente sempre al limite e su melodie e testi interessanti, nel quale avevo visto nei primi due album un novello Gordon Gano, o, se vogliamo esagerare, un novello Syd Barrett…ok forse è troppo.

Louis Forster ha indubbiamente ereditato il talento dal padre Robert, fondatore dei Go-Betweens, ma anche gli altri elementi, James Harrison e Riley Jones, non sono da meno. Hanno iniziato da adolescenti e oggi. dopo soli due album. pubblicano per la Matador, etichetta importante frequentata da artisti del calibro di Julien Baker, Perfume Genius e Interpol, solo   per citarne qualcuno.

Possiamo dire subito che la band non sfigura, anzi dimostra che la qualità  è alta, pur perdendo qualcosa dell’ affascinate ingenuità  e purezza degli inizi, guadagnando una produzione più scintillante ed ambiziosa e una capacità  di attirare nuovi ascolti ed estimatori che forse prima li avevano ignorati.

Il cambiamento è abbastanza evidente: arrangiamenti più ricchi ed utilizzo di drum machine, sax   e autotune, un salto in avanti che io apprezzo e credo debba essere la naturale evoluzione di una band che vuole crescere e rischiare. Altra cosa singolare è che le canzoni sono firmate da tutti e tre i componenti ma, ascoltando l’album, sono facilmente riconoscibili quelli scritti principalmente da Louis Forster e quelli dagli altri, almeno per chi come me li segue dagli inizi.

Il brano di apertura è il singolo “In The Stone” nel quale si riconosce la scrittura di Forster, che canta in coppia con Riley Jones , dotata di una voce naturale da dream pop singer. Le due voci si combinano in modo meraviglioso in un gran bel pezzo che darà  parecchie soddisfazioni, e si ripetono in diversi brani, in una perfetta simbiosi che personalmente apprezzo molto.

“Psychic” è il secondo singolo caratterizzato da un uso intenso di tastiere e sintetizzatori, altro bel brano, quasi una via di mezzo tra i Cure e i Jesus & Mary Chain, rappresenta una gradita novità  nel repertorio della band. A dirla tutta anche “Tag”, cantata da Riley,   ha le potenzialità  del singolo ma ci pensa poi ” Temples “, e soprattutto “Carpetry”, a riportarci alle deliziose stranezze dei primi Goon Sax.

“Desire”, altro singolo scelto, arriva un po’ come elemento discordante dell’album, sicuramente scritto da Riley Jones, ci fa piombare in un elettrico dream pop, ma è “Bathwater” il capolavoro dell’intero lavoro. Batteria e chitarra con un sax che fa capolino, non a sproposito come capita spesso di ascoltare, insieme a frasi in tedesco, un grande, fantastico, pezzo da gustarsi per lungo tempo.

Firmare con etichette importanti a volte mortifica le band a volte le rende migliori, i Goon Sax migliorano e pubblicano un ottimo album, dimostrando di essere un trio importante, ragazzi con tante idee interessanti che riescono ad esprimere in una proficua, costruttiva e democratica creatività .

La band continua a crescere ancora e non possiamo che esserne felici, “Mirror II” entra a far parte di quella speciale categoria di album che ogni tanto ti tornerà  la voglia di ascoltare.

Photo Credit: ELLIOTT LAUREN