Il disco d’esordio degli Sneaker Pimps, band del Northern England, è di quelli che si fanno ricordare e per questo ci sembrava doveroso omaggiarli nel giorno del suo venticinquennale, tenuto presente come tra l’altro “Becoming X” rappresenti l’inizio ma anche l’apogeo del loro percorso.

Nulla di quanto fatto in seguito sarà  infatti minimamente paragonabile a questo felice episodio, che saprà  al periodo far rivaleggiare i suoi titolari con tanti epigoni noti del trip hop, genere affermatosi nella prima metà  del decennio, a cui da subito Chris Corner e soci furono accostati.

Questo inserimento in una corrente artistica, di certo molto affascinante ma allo stesso tempo anche circoscritta, fu in realtà  croce e delizia per il gruppo, e non permise di fatto alla band di venire seguita e giudicata esclusivamente per le loro intuizioni e capacità  musicali.

D’altronde, se metterli in paragone con Portishead e affini veniva quasi naturale, visto il reclutamento della giovane Kelli Ali la cui voce aggraziata ed eterea finirà  per caratterizzare l’intero album, a un ascolto più attento e oggettivo occorre ammettere quanto invece nella musica (e nelle intenzioni) degli Sneaker Pimps ci fosse molto altro.

Da ex deejay quali erano i due fondatori e amici Liam Howe e il già  citato Corner, traspare tutta la loro passione per la musica elettronica, pure nelle sue varianti più specifiche – vedi techno o synth pop –  ma intessuta in un mood spesso e volentieri di matrice rock, o meglio industrial rock.

Insomma, che il gruppo mirasse più a esperienze come quelle di Aphex Twin piuttosto che dei Morcheeba, viene facile ora pensarlo, ma all’epoca bastava incappare (e capitava spesso, visto il successo che ebbe su vastissima scala) nell’accattivante singolo “6 Underground” per sintonizzarsi invece in tutt’altre onde, più magnetiche, sognanti e psichedeliche.

E qui a fare la differenza a maggior ragione è l’interpretazione della Dayton (vero cognome di Kelli), pienamente a suo agio in certi registri sonori e in grado di donare mistero e sensualità  al tutto, ovviamente coadiuvata da una struttura musicale dove ogni elemento è incastrato perfettamente.

Scritta dai due leader con Ian Pickering, il membro occulto della band – i tre sono autori di tutte le undici tracce dell’album -, e accreditata anche al noto compositore di colonne sonore John Barry, per l’intro musicale che campiona un brano del film di 007 “Operazione Goldfinger”, “6 Underground” diverrà  presto un successo del suo tempo, dimostrandosi adattissima a essere utilizzata in spot, film e quant’altro.

Ma una retrospettiva non può certo limitarsi a una sola canzone, seppure di pregevole fattura, ed ecco che “Becoming X” si rivela essere presto un disco altamente eclettico, vario a livello di sound e suggestioni, capace di rappresentare nel migliore dei modi il miscuglio di influenze e stili che gli Sneaker Pimps volevano trasmetterci con la loro musica.

Sin dalle due convincenti tracce poste in cima alla scaletta ci si trova avvolti da atmosfere ora tese, ora rilassate, ma in ogni caso distanti da certo minimalismo trip hop: la dinamica obliqua che definisce le parabole elettro-rock dell’iniziale “Love Place Like Home” ne diventa il suo punto di forza, mentre “Tesko Suicide” aggiunge alla lezione elementi dark e industrial che ben si addicono al profondo sentire dei protagonisti.

Nell’altro singolo “Spin Spin Sugar” è invece la melodia, fresca e orecchiabile, a farla da padrone, per uno dei pezzi cardini del lavoro; stavolta siamo dalle parti di un ficcante pop rock, che ricorda vagamente i Garbage.

Vi è indubbiamente tanta carne al fuoco ma anche la consapevolezza di voler in qualche modo realizzare un disco che fosse ben intessuto nella sua epoca, fino a diventarne un istant classic.

Non sarà  così evidentemente, ma sarebbe oltremodo ingiusto catalogare la parabola degli Sneaker Pimps a fugace meteora del pop inglese, vista l’indubbia qualità  della proposta.

Forse proprio il fatto di voler creare un sound eterogeneo – in un periodo storico dove invece i generi non erano ancora così fluidi come oggi – ha finito per penalizzare questo disco (e gli Sneaker Pimps in generale) che, percepito nei gusti del pubblico e nei giudizi della critica come appartenente alla galassia trip hop, non poteva onestamente valere i capisaldi di quel filone.

Resta il fatto però che proprio quelle canzoni fortemente orientate su quel versante allora tanto in voga, siano probabilmente le migliori, o comunque le più efficaci: tralasciando “6 Underground”, la cui bellezza prevarica epoche e generi, anche “Roll On”, “Walking Zero” o la stessa title track sono in grado di difendersi bene e non sfigurerebbero in nessuna playlist tematica.

Le atmosfere dilatate di “Waterbaby” e la lunga coda sognante della dolcissima ballata “How Do” facevano inoltre da preludio a possibili nuovi scenari in seno a un gruppo che mostrava di avere delle potenzialità  ancora inespresse (d’altronde l’età  media dei componenti si aggirava sui 22 anni all’uscita di questo debut album e tutto sembrava giocare a loro favore).

La storia ci dirà  che, per ovviare a quello che sembrava un equivoco di fondo, Corner optò per una scelta in quel momento drastica oltre che non propriamente comprensibile, con l’allontanamento dal gruppo della fascinosa cantante.

In seguito lui stesso ribadì in più circostanze che la voce di Kelli aveva finito per contraddistinguere sin troppo le canzoni da lui scritte, fino in qualche modo a snaturarle, e poichè il nuovo corso era ancora più votato all’intimismo e alle esperienze personali del suo autore, il fatto di cantarle in prima persona divenne a quel punto la cosa più autentica e plausibile da un punto di vista meramente artistico.

Fatto sta che gli Sneaker Pimps non saranno più gli stessi senza Kelli Ali sul palco e finiranno nel giro di qualche anno in una sorta di anonimato, per quanto immeritato…

Certo, col senno di poi, viene da pensare che non sia stata propriamente la soluzione giusta quella di rinunciare alla carismatica vocalist, che proprio nello stesso periodo si vociferava avesse causato addirittura la prematura fine degli interessanti Octopus, con il cantante Marc Shearer e il chitarrista Alan McSeveney finiti a contendersela come fossimo in un poema di Ludovico Ariosto. Una teoria fantasiosa certo, ma chissà  se anche Corner non fosse in realtà  geloso che la Alli si prendesse tutta la scena?

A onor del vero nemmeno la carriera solista di Kelli sarà  così prodiga di soddisfazioni, ed è possibile pertanto affermare, a distanza di 25 anni, come quella degli Sneaker Pimps fosse la classica formula imperfetta che però alla resa dei conti funzionava al meglio per quegli attori in gioco, dove la somma delle parti era più forte dei singoli individui.

Rotto quel primo sodalizio, infatti, nessuno è riuscito più ad affermarsi pienamente.

Per questo a maggior ragione vale la pena rimettere in cuffia “Becoming X”, perchè si tratta del momento saliente e imprescindibile di una band ricca di talento, la cui intera carriera avrebbe potuto essere ben diversa.

Data di pubblicazione: 19 agosto 1996
Tracce: 11
Lunghezza:  52:57
Etichetta: Clean Up Records/Virgin
Produttore: Jim Abbiss, Line of Flight, Peter Collins, Flood

Tracklist
1. Low Place Like Home
2. Tesko Suicide
3. 6 Underground
4. Becoming X
5. Spin Spin Sugar
6. Post-Modern Sleaze
7. Waterbaby
8. Roll On
9. Wasted Early Sunday Morning
10. Walking Zero
11. How Do