Parlare di Opera non è cosa semplice; ma dopotutto, potrei rispondermi, esiste forse qualcosa di davvero semplice, laddove ogni cosa intelaia rapporti complessi con la semplicità , intricando l’essenziale in ragnatele di significati, concetti, gesti ed ermeneutiche differenti? Ecco, non potevo cominciare in altro modo a parlare di Opera, artista complesso che con semplicità a saputo restituire al mio cuore di indurito diffidente la sensazione di trovarmi di fronte ad un’idea diversa, ad un approccio differente alle cose.
Sì, perchè la musica – anche la sua – passa in secondo piano con Ciro, che ha deciso di offrirsi al mercato discografico cambiando l’ordine delle priorità (come ci spiegherà nell’intervista densa che segue a questa impacciatissima prefazione) nell’unico modo che conosce: essendo sè stesso, nell’era in cui “essere sè stessi” può diventare atto rivoluzionario e, se non supportato da una reale sostanza, rovinoso. Opera affronta il rischio con un totale disinteresse per il risultato, perchè laddove – come detto – a cambiare sono le priorità di conseguenza mutano anche gli schemi valoriali: ad Opera non interessa il clamore fasullo di cataloghi editoriali, nè la vetrina di un quarto d’ora di ribalta.
Ad Opera (che sottolinea ben chiaramente la propria posizione in un manifesto che potete leggere qui) interessa “L’arte, prima” (la virgola l’ho inserita io), e nell’urlarlo canta, e nel cantarlo lo urla con una certa disinvoltura. E qui sta la complessità : nel non riuscire, in poche righe di introduzione, a raccontare quanto sarebbe necessario per facilitare la lettura di quanto segue allo sventurato che sta leggendo (sì, proprio tu!).
Per questo, forse, è meglio che io mi taccia, e lasci la palla ad una raccolta di pedantissime domande, a cui Ciro ha risposto come Dio comanda.
Ciao Opera, per noi è un piacere averti qui, sulle colonne di Indie For Bunnies. Senti, negli ultimi mesi sono successe un sacco di cose. Io forse partirei da “Gazza di Monet”, che ha aperto la strada ad un paio di settimane davvero infuocate. Insomma, raccontaci i tuoi ultimi 15 giorni.
Ciao! Confermo tutto, specialmente le settimane “infuocate”. Il 17 di Settembre è uscito su Spotify il brano “Gazza di Monet” che ha anticipato il mio disco d’esordio. Era il brano giusto al momento giusto. è anche quello che si collega meglio al concept del disco. Per questa canzone abbiamo realizzato un docu-video uscito il 23 Settembre sul canale Youtube di Strongvilla, nel quale la musica e le immagini vanno a raccontare molto di più di quello che si era già sentito nella versione audio. Il video diretto da Edoardo Setti, tra le altre cose, documenta la realizzazione, da parte dell’artigiano Francesco Testi, del manifesto de “L’arte prima” che poi è anche il titolo del disco uscito il primo di Ottobre. Sono molto entusiasta del progetto, e allo stesso tempo molto sicuro e convinto del materiale che è stato pubblicato.
Ecco, tra le cose fatte, la pubblicazione di un “Manifesto” che assomiglia ad una “open call” per un settore in forte crisi valoriale, oltre che economica. Economia e valore, a proposito: che rapporto c’è oggi, nell’Italia musicale, fra le due parole e perchè hai sentito il bisogno di stendere un “manifesto programmatico” (di cui hai realizzato anche un “docu-video” allegato)?
Ci stavo pensando proprio oggi al lavoro. Senza farlo apposta il titolo del disco arriva proprio al momento giusto. Oltre al chiaro riferimento all’arte in forte decadimento, parliamo anche di un settore che da sempre viene penalizzato economicamente in ogni sua forma. Specialmente in questo periodo pandemico. La necessità di stendere un manifesto è innanzitutto una dimostrazione che le affermazioni che faccio insieme a Strongvilla che produce e cura il disco, sono cose in cui crediamo particolarmente. Anche perchè “Scripta manent”. In seconda battuta credo sia uno strumento molto forte per prendere posizione in merito a una questione. Come dico nell’intro dell’album: “Al giorno d’oggi c’è bisogno di voce, voce giusta”. Quando guardo al panorama musicale odierno, vedo spesso artisti mettere in evidenza tutto quello che gira attorno alla musica, senza curarsi della musica stessa. L’estetica è importante, a patto che ci sia un’attenzione solida alla fonte primaria: L’arte.
Cosa significa, oggi, dire “L’arte prima”.
Oggi sembra quasi una rivoluzione pronunciare queste parole. Voglio, però, rassicurare sul fatto che non abbiamo inventato nulla nè col manifesto, nè con il concetto che si porta dietro. Piuttosto credo che il nostro merito sia stato quello di organizzare delle idee e e di prendere una posizione in merito a questa faccenda. Sono moltissimi gli “ignavi” di Dante al giorno d’oggi. Queste parole però, rappresentano anche una conferma per chi, l’arte l’ha messa prima del resto da sempre. E del resto (scusate la ripetizione) di gente così ce n’è. Puoi sbirciare sia nell’underground che nel mainstream. Ultimamente ho ascoltato il disco di Mannarino “V”. Voglio dire te ne accorgi subito che cosa viene evidenziato dall’artista. Sicuramente quando ascolti una cosa del genere ti tuffi in un “viaggio” che non da importanza ai numeri di riproduzione su Apple Music. Anche su questo discorso vorrei soffermarmi un attimo. Leggere il manifesto dell’Arte Prima e condividerlo idealmente, non significa rifiutare l’atto di vendita in quanto paladini del nulla. Gli artisti devono guadagnare dalle loro opere, per poter apportare più migliorie possibili e far crescere la propria comunità di pensiero, ma hanno anche delle responsabilità nei confronti degli ascoltatori.
Arriviamo, così a gamba tesa, sul disco. Nove tracce dense, che si aprono con un’introduzione parlata che riprende il testo del Manifesto. Poi, otto ballad d’amore, morte e altre sciocchezze (cit.) sospese tra hip-hop, urban e canzone d’autore. C’è un brano, fra tutti, al quale ti senti particolarmente legato?
“Gazza di Monet” è il mio brano preferito. Perchè riesce ad essere classico e fresco allo stesso momento. Lo definisco una perla gelida di storytelling nato in una notte di puro flusso di coscienza incondizionato della mia penna. D’altronde però, credo “Prato fiorito” sia una canzone che non riuscirò mai più a scrivere. Anche se non mi appartiene più di tanto dal punto di vista bellico, quando si parla di guerre interiori potrei esserne il rappresentante mondiale. è uno di quei brani hip-hop che a mio modesto parere non stanca, non aggiunge troppi virtuosismi classici del genere. Siccome sono particolarmente legato ai testi delle canzoni, scelgo questo.
I brani, fra loro, differiscono per intenzione e linguaggio, pur rimanendo coerenti ad una matrice fortemente crossover che denota la validità della tua proposta. Esiste un filo rosso utile a collegare tra loro le diverse tracce? Al di là di quello evocato dal titolo, ecco, che non sempre emerge con “prepotenza” nell’ascolto di tutte le tracce (e meglio così, che il rischio della retorica è sempre in agguato).
Sicuramente le produzioni. Curate da Virgo, Kuma19 e Iulian alle chitarre.
Tolto il brano “Sono ancora un bimbo” sono arrivati prima i testi e poi le musiche per il resto dell’album. Quello che noto io, a disco finito, è che le produzioni musicali sono state cucite addosso alla mia voce in modo sicuramente coerente e anche “all’ultimo grido”. C’è un’attenzione ai dettagli molto forte e in linea con tutto il filone dall’inizio alla fine. Per quanto riguarda me, c’è sicuramente un punto di vista personale rispetto a temi molto forti, come la crescita, la felicità , la guerra ecc.. Faccio quasi da narratore onnisciente che conosce le sensazioni provate dal protagonista.
Fra tutte, quella che forse ci ha colpito di più (per approccio alla produzione e alla scrittura) è “Prova 3”. Un titolo a dir poco affascinante! Ti va di parlarcene?
Il brano nasce da uno dei cinque video che ho pubblicato su Instagram nel periodo della pandemia in cui provavo diversi stili. Dopo un sondaggio, questa terza prova è stata quello più apprezzata. Anch’io ero convinto avesse molto potenziale. Una volta tornato in studio Kuma aveva intenzione di metterci mano, e così l’ha trasformata in questo “Esperimento futuristico” che all’inizio mi ha lasciato un po’ indeciso. Quando ho cominciato a farci l’orecchio e a capire che l’album aveva bisogno di un brano del genere me ne sono convinto. Il titolo è merito di Virgo. Io volevo chiamarlo “Musica di merda”, e così stava diventando. Poi mi sono ricreduto anche in questo caso. Il titolo “Prova 3” suggerisce diversi tentativi e mi è sembrato bello farlo percepire al pubblico, ci vuole perseveranza, non sempre le cose arrivano subito! Tutto ciò mi fa capire due cose. La prima è che il brano è più degli altri che mio, e di questo ne sono contentissimo. La seconda è che lavorare in team ti permette di sbirciare in angoli che da solo non avresti mai osservato.
“Prato fiorito”, invece, quella più arrabbiata. Tu nascondi bene il tutto con una scelta linguistica improntata all’ironia, ma dietro il velo si cela un “concept” ben più delicato”…
Sicuramente è così. L’ironia si utilizza per portare a galla i pensieri ancora di più della serietà . Come dicevo prima “Prato fiorito” parla più di conflitti interiori che di quelli combattuti con le vere armi. Sicuramente anche la questione della guerra vera e propria è un argomento importantissimo. Però non esistono solo guerre con i mitra e i missili. Ne esistono anche altri tipi. A volta sono guerre mediatiche, di pensiero, guerre d’informazione. In questi casi le trincee sono casa nostra.
Ti piace contaminare, e si sente. Ma da che ascolti proviene Opera? Facci sbirciare nella tua playlist?
Ascolto davvero di tutto. E mi fa piacere che abbiate notato la contaminazione. Provo a indicare qualche brano fondamentale per me:
J. Cole ““ “Wet Dreamz”
Steve Wonder ““ “Sir Duke”
Pino Daniele ““ “Quanno Chiove”
Funkadelic ““ “Maggot Brain”
Ryuichi Sakamoto ““ “Merry Christmas Mr. Lawrence”
E qui mi fermo. Questi sono solo alcuni esempi.
Senti, dal vivo quando? E soprattutto, cosa ci dovremo aspettare dalla tua live performance?
Al momento non ho date certe, ma stiamo lavorando anche a questo. Speriamo di suonare il prima possibile. Dopo tutto questo discorso bellissimo e strutturato che abbiamo fatto finora sul concept del disco non ci si poteva aspettare di certo un live normalissimo.
Dal vivo concentriamo l’attenzione del pubblico sul messaggio, intervenendo con degli interludi parlati accompagnati dalla musica. All’inizio dello show leggo il manifesto dell’Arte Prima, circondato da schermi posizionati su cavalletti in legno come quadri animati che regalano scenari suggestivi man mano che il live continua e che performo i brani. Suono insieme ai miei due produttori Virgo e Kuma19 e al chitarrista Iulian che mischiano elementi di elettronica con strumenti più tradizionali come il piano o il sassofono. Tra un brano e l’altro racconto episodi, aneddoti, o suggestioni che hanno ispirato, cercando di risalire alla radice delle mie motivazioni. Su questo fronte, lo scopo è quello di mostrare il “bello” dell’arte e del suo processo creativo. Abbiamo altre novità in cantiere per il live, ma al momento sono solamente ottimi spunti di discussione di tutta la band! Quello che vogliamo lasciare alla fine della performance, è un qualcosa che, nei limiti del contesto, si avvicini il più possibile ad un’opera vera e propria. Grazie mille dell’intervista!