Con la sua stazione numero 5 “Gomorra” volge al termine. Il peggiore finale possibile che potessimo auspicare. Ma andiamo per ordine.

Con le prime due, superbe stagioni, in particolar modo la prima, la serie basata sul libro di Saviano si è guadagnata gran fama, anche internazionale, di show impeccabile nel combinare intrattenimento e informazione. Ereditando in parte l’iper-realismo del film di Garrone e rendendolo fruibile ai più mediante un plot televisivo incalzante e divertente.

Da una parte c’erano le avvincenti vicende criminali dei vari clan napoletani, che potevano contare su caratterizzazioni e interpretazioni peculiari, talvolta così iconiche da generare cult istantanei.
Dall’altra, di puntata in puntata la fiction veniva utilizzata per mostrare particolari metodiche della camorra e numerose delle sue tentacoliche infiltrazioni. Nel corso delle prime 4 stagioni abbiamo visto invero di tutto: riciclaggio del denaro, compravendita dei voti nelle elezioni locali, gestione dei rifiuti, agganci alla finanza, speculazione edilizia, utilizzo dei migranti e tanto, tantissimo altro.

Rispetto alle prime due stagioni, a causa della perdita di alcuni dei personaggi di spicco, la terza faticò a mantenere alta la qualità  della storia e per intrattenere ingarbugliò oltremodo il plot, andando così a perdere un bel po’ in termini di realismo. Il lavoro di Saviano e compagni nell’esplorare il mondo camorristico trovò però terreno fertile nell’allargamento del bacino geografico delle vicende, andando così a sondare le dinamiche tra i clan.

I problemi veri di “Gomorra” iniziano però quando a ridosso della quarta stagione fu annunciata l’infame uscita del film “L’immortale“, che, riportando in vita Ciro Di Marzio, direzionò la serie verso la farsa totale. Il film era peraltro una sorta di remake estone delle vicende già  vissute, e quindi quì rivissute, da Ciro in Bulgaria nella terza stagione.
Sebbene tra la terza e la quarta stagione gli sceneggiatori avessero portato in vita personaggi molto interessanti, che facevano però fuori dopo pochissime puntate, era chiaro quanto incomprensibile che la chiusura del cerchio avrebbe riguardato solo e soltanto la relazione tra Ciro e Genny, la loro improbabile resa dei conti.
Uno avrebbe potuto certamente chiudere un occhio, fare finta di nulla e godersi lo show. In nome dell’affetto e dei bei tempi che furono. Il fatto è che lo show fa proprio schifo.

L’unico sussulto vero e proprio arriva nella puntata numero sette, una roba letteralmente brutale ed emotivamente devastante. Di battute cult se ne registra una, forse due. I personaggi di contorno, grazie anche a due o tre ottime aggiunte, sono di gran lunga più interessanti dei due duellanti. Talvolta li eclissano. L’aspetto informativo è stato completamente abbandonato, sacrificato per far spazio ad uno scontro finale risibile e mal recitato tra D’amore ed Esposito, che sequestrano figli di magistrati della DDA e profanano cimiteri come nulla fosse.
Anche buttarla nella caciara più totale sarebbe stato un finale migliore, piuttosto che quella mezza redenzione cristologica cui abbiamo assistito, da parte poi di un personaggio dipintoci nel corso delle stagioni come un animale, un diavolo, un immorale.

L’unica nota positiva, a parte l’episodio 7, è stata la scelta di non mostrare i carnefici dei protagonisti. Un’escamotage a-là  Soprano che simboleggia quanto la camorra non dipenda dai singoli, ma sia insradicabile perchè nelle terre di nessuno, abbandonate da istituzioni, cultura e giustizia, ad un padrone ne seguirà  sempre un altro.