Quando scopri che una figlia considera il padre il suo miglior amico…
Quando scopri che un padre mette la figlia dodicenne dietro una batteria con l’intento formare una band…
Quando scopri che tutto questo è vero ed è accaduto in Arizona e che esiste davvero una band, gli Exbats, che da più di dieci anni (e con questo, 4 album) fanno divertire con la loro musica un bel po’ di persone…ecco, allora capisci che il mondo è pervaso di bella energia, persone lucenti e tanta voglia di godersela.
E se il godimento lo cerchiamo tra le note di canzoni, bene, con questa band siamo nel posto giusto.
Inez McClain, il padre Kenny alla chitarra e Bobby Carleson al basso ci propongono un album carico di vitalità  e traboccante di “puro pop sound”.   Non sbaglia Inez quando sostiene che “Now Where Were We” contiene le loro migliori canzoni.

Son ben dodici i brani ma l’album, ve lo assicuriamo, scorre rapido e l’ascolto è piacevolissimo, il buonumore prenderà  a calci tutte le emozioni negative che ci circondano senza pietà . Un album scritto in nove mesi, nasce quindi dopo una gestazione trascorsa in piena pandemia. Sembra di tornare negli anni sessanta, un garage che si tinge di vari colori, non manca di certo il caldo colore del country, ricordiamoci che i McClain sono di Bisbee, ad un tiro di schioppo dal confine con il Messico. E’ quindi un viaggio non solo temporale. L’afa, il calore, la sabbia del deserto, il freddo della notte, tutto è percepibile nei solchi di questo vinile.

Registrato da Matt Rendon, il suono ha dalla sua l’onestà : ci rende partecipi, ci sentiamo parte attiva di una performance, ci pare di assistere, di essere presenti mentre i tre si esibiscono dal vivo durante una serata nella loro piccola Bisbee, che già  dal nome ispira allegria e serenità .

Omaggio al country con “Practice On Me” e la finale “I Don’t Trust Myself Around Jesus” con Kenny al microfono, un po’ slacker, un po’ Gordon Gano per quella tendenza “Violent Femmes” nel ritornello.
In “Like a Son” si respira aria di Pixies mentre atmosfere Pink Floydiane sono senz’altro riecheggiate nella amabile “Drop the Rebound”.

L’armonica di “One Foot in The Lifgt” è uno dei momenti più intimi dell’album mentre “Hey New Zeland”, brano che tratta del cambiamento climatico, si sviluppa da un’introduzione gospel che scivola inesorabilmente nello stile “surf” che, tirando le somme, è lo stile che più caratterizza la band.
There’s a Ghost In The Record Store” canta Inez in un brano che inevitabilmente ci obbliga al movimento ritmato. Lasciamo gli Exbat con questa canzone nella mente, la giornata ne guadagnerà  in allegria e serenità !