Mi fa sempre strano parlare dei film di cui parlano tutti, perchè di solito le mie recensioni allo stato brado di film e serie tv sono accolte dai soliti affezionati. In questi casi è diverso.
Comunque i due pensieri cardine che leggo in giro sono la parata di stelle e la metafora geniale del coviddi.

Nessuno, davvero nessuno, ha cercato di contestualizzare il film all’interno della filmografia di McKay. Che così sembra un “coglione” capitato per caso a dirigere ‘sto ben di Dio di attori nel film di punta di Netflix dell’intero 2021. Quando invece lui è una punta di diamante della commedia nera e brillante americana degli ultimi decenni. Uno che ha fatto “The Big Short” e “Vice” per dire, ma anche prodotto e co-diretto la più caustica e spietata serie HBO del decennio (“Succession”). Insomma uno che conosce benissimo la modernità , politica, finanziaria, etc etc etc. Ma anche uno che prima faceva commedie demenziali che spaccano col Frat Pack.

Ecco rammentare chi McKay sia aiuta a contestualizzare l’opera. Che in effetti è proprio un mix tra le sue ultime produzioni “intelligenti” e quelle in compagnia di Ferrel.
Questo per dire che a Sorrentino tutti a fargli le pulci, a presupporre addirittura cosa volesse fare e se ci sia riuscito, di McKay invece fottesega chi è.
Rammentarlo mi fa poi dubitare che il film sia una metafora di coviddi, no vax e bla bla bla, bensì un discorso più generale, divertito e impertinente, sull’idiozia del dibattito ai tempi del metaverso. Che tutta questa voglia di parlare del film, spesso pecorecciamente, come per schierarsi tra gli intelligenti, conferma.

Il film è molto divertente, troppo troppo lungo, e decisamente non tra i migliori del regista e autore.
Alcune gag sono geniali e molti dei personaggi molto riusciti. Con quello di Jonah Hill a torreggiare sul resto del mucchio.
Alcuni altri proprio non li ho digeriti (quello di Rylance, quello della Streep), troppo sopra le righe, anche in un contesto del genere.